Taranto, la splendida città dei Due Mari meglio conosciuta come la città dell’Ilva, è la seconda città pugliese per grandezza che torna al voto domenica per scegliere il nuovo sindaco.

Ma è anche e soprattutto una città, ancora una volta, laboratorio per due motivi: il primo, per lo scontro politico tra le due grandi alleanze di centrodestra e centrosinistra. Quest’ultimo infatti testerà il gradimento degli elettori del così detto campo largo progressista in vista delle politiche 2023 (corrono insieme Pd, Cinque Stelle ed Europa Verde tra gli altri), mentre il centrodestra tasterà quanto peso può avere candidare come sindaco un uomo la cui storia è stato sino a pochi mesi fa nell’altro campo. E dove la Lega rinuncia a presentarsi con il suo nome cambiato in «Prima l’Italia».

Walter Musillo
Walter Musillo

Questo perché il candidato del centrodestra Walter Musillo, è stato per anni un simbolo del Pd locale di cui è stato anche segretario provinciale anni addietro, nonché candidato alle regionali pugliesi del 2020 in una lista civica che appoggiava il governatore Michele Emiliano. A dirla tutta, fu proprio Musillo nel 2017 a proporre al Pd la candidatura di Rinaldo Melucci (l’amicizia tra i due si ruppe sul finire della campagna elettorale del 2017), l’uomo che il campo largo progressista vuol far eleggere per il secondo mandato consecutivo, e per il quale sono scesi a Taranto in questi giorni sia Enrico Letta che Giuseppe Conte.

Rinaldo Melucci
Rinaldo Melucci

Cosa che non è avvenuta invece per lo sfidante Musillo, con Giorgia Meloni prima e il ministro Giancarlo Giorgetti poi, rinunciare all’ultimo a farsi vedere da queste parti. Per motivi differenti: da un lato il non gradimento della Giorgia nazionale verso un candidato che ha un passato a sinistra; dall’altro Giorgetti avrebbe dovuto andare anche all’Ilva, dove lo attendevano sindacati e lavoratori tutt’altro che festanti.

Dunque si sfidano due ex amici, due ex colleghi di partito. Ed è stato questo il fattore che ha contraddistinto tutta la campagna elettorale tarantina, iniziata in realtà già nel novembre scorso, quando 17 consiglieri comunali rassegnarono le dimissioni facendo cadere anticipatamente l’ex sindaco Melucci. Tra questi, alcuni consiglieri dell’area Musillo e dell’area che risponde a Massimiliano Stellato, che è anche consigliere regionale nella maggioranza che sostiene Emiliano a Bari.

Una sfida fratricida, che per molti cittadini è sembrata più un regolamento di conti che altro. Non che nell’area del centrosinistra non siano presenti singoli che hanno un lungo trascorso nel centrodestra, ma è chiaro che il progetto politico che ruota attorno a Musillo è di ben altra natura, ed ha come obiettivo conclamato quello di provare a far contare e pesare di meno sul futuro di Taranto il peso del governatore Emiliano, accusato da anni di essere lui il “vero” sindaco della città dei Due Mari. Un obiettivo ambizioso che sembra di difficile realizzazione.

Ma al di là delle schermaglie politiche e delle beghe cittadine, quello che è mancato davvero in questa campagna elettorale sono stati i contenuti, i programmi, le idee. Che poi è il grande problema che attanaglia la politica da anni anche, ma non solo, a causa di questo utilizzo esasperante di un civismo dove è oramai impossibile distinguere il rosso dal nero, ma anche il semplice grigio.

E se questo avviene in una città come Taranto, che guarda ad un futuro produttivo, economico, sociale, culturale e ambientale dove la grande industria possa recitare non più un ruolo primario, il problema non è di poco conto.

L’Ilva di Taranto

E pensare che proprio sull’Ilva si è consumata una rottura all’interno dell’area ambientalista: Vincenzo Fornaro, proprietario della masseria che nel 2008 vide abbattere centinaia di pecore perché contaminate dalla diossina, ha deciso di correre per Musillo abbandonando i Verdi con cui era stato eletto cinque anni fa. I quali hanno accolto nella loro lista Fabiano Marti, ex assessore alla cultura e vicesindaco, al quale sperano di regalare l’elezione ma soprattutto l’ambito ruolo di assessore all’ambiente, che qui ha sempre un significato speciale.

Due gli outsider, entrambi con a sostegno tre liste civiche, che nel loro programma puntano a chiudere l’ex Ilva. Massimo Battista, ex consigliere comunale, ex 5S, storico fondatore del comitato Cittadini Liberi e Pensanti che organizza il 1 maggio tarantino dal 2013, dipendente di Ilva in cassa integrazione, con un occhio attento alla fasce sociali più deboli, alle periferie: non a caso il suo slogan è «Taranto città normale».

E infine Luigi Abbate, il giornalista divenuto famoso perché nel 2009, mentre lavorava per una tv locale tra le tante che usufruivano dei finanziamenti dei Riva, gli fu strappato il microfono da Girolamo Archinà (che curava le relazioni esterne dell’Ilva) mentre provava a chiedere un parere sulla problematica dei tumori al fu Emilio Riva. Il suo obiettivo è una «Taranto senza Ilva», senza se e senza ma.