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Meloni sorride a Salvini ma in Europa tratta con Metsola

L’incontro tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini foto AnsaL’incontro tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini foto Ansa

Euroscontri Foto della pace dopo le tensioni. Ma a Strasburgo la premier vuole stare in maggioranza. Anche entrando nella coalizione Ursula. Sul nuovo Patto di stabilità resta la minaccia: no a regole che non si possono rispettare

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 7 dicembre 2023

«Parla la foto»: così commentano da palazzo Chigi la mancanza di commenti sull’incontro tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini, tenuto segreto sino all’ultimo secondo, con l’esclusione di Antonio Tajani che non costituisce un problema né per l’una né per l’altro. La foto in questione ritrae due amiconi sorridenti, felici e vincenti, senza ombra di tensione. La pace ritrovata.

In realtà la tempistica dell’incontro è stata studiata con cura. Subito dopo il colloquio tra la premier e l’amica Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, sponda eminente di Meloni nel Ppe ma anche oggetto dell’attacco a sorpresa di Salvini all’indomani della festa sovranista di Firenze. Anticipato da una lunga intervista della stessa premier a Rtl e da una lettera di Salvini al Corriere della sera, una doppia uscita concordata. Non che i due dicessero davvero le stesse cose, ma i toni pacati, persino nel caso di Salvini e capita di rado, erano propedeutici alla messa in scena dell’intesa o almeno della tregua.

NELL’INTERVISTA Giorgia Meloni era andata giù pesante, pur senza nominarlo, con Gianni Letta e con la fronda che all’interno della maggioranza vorrebbe sostituire l’elezione diretta del premier con il cancellierato: «Chi contesta la riforma è perché è stato abituato a fare bello e cattivo tempo, facendo e disfacendo il governo sulla pelle degli italiani per mettere ai posti di potere gente che non è stata votata». Minacciosa sul Patto di Stabilità: «Il punto principale che sta ponendo il governo italiano riguarda gli investimenti. Stiamo facendo del nostro meglio per trovare una sintesi: l’unica cosa che non si può fare è dire sì a regole che non si possono rispettare». Come dire che senza accordo soddisfacente l’Italia potrebbe non firmare la riforma del Patto di stabilità, sempre che Ecofin riesca a partorirla davvero tra stanotte e domani, a Burxelles, ed è poco probabile. Sul vero nodo della disfida con Salvini, le alleanze europee, invece, la premier è ambigua: «Abbiamo l’occasione di avere anche nel Parlamento europeo una maggioranza con una visione più compatibile e di strategia». Può voler dire tutto e anche il suo contrario.

SALVINI NO, LUI HA un obiettivo chiaro, noto, che esplicita e conferma nella lettera: una maggioranza europea compiutamente di destra. Oggi a Roma, domani a Bruxelles, con popolari, conservatori e sovranisti di Identità e Democrazia, il suo eurogruppo: «Si può ignorare un partito che ha il 30% in Francia, il primo in Olanda, uno tra i più rilevanti in Austria e quello che cresce di più in Germania?». Questo era l’argomento non solo forte ma unico nel colloquio di ieri e la premier se la è cavata sgusciando. Ha rabbonito il leghista assicurando che lei lavora per una maggioranza di centrodestra in Europa, però senza specificare quale, se con o senza LePen e AfD al suo interno, e soprattutto senza specificare cosa intende fare se quel tentativo fallirà. O meglio dal momento che è già fallito. A palazzo Chigi, lontano dalle orecchie di Matteo Salvini, dicono apertamente che l’obiettivo iniziale di una maggioranza Ppe-Conservatori-Liberali, magari appoggiata dall’esterno dai sovranisti, «è già stato sepolto dalle elezioni in Spagna, Polonia e Olanda».

Il commissario Ue Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti foto Epa
Il commissario Ue Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti foto Epa

IN REALTÀ ROBERTA Metsola era in Italia proprio per costruire il ponte che dovrebbe portare i conservatori in una maggioranza Ursula allargata, dunque, se necessario, anche con il Pse. L’obiettivo di Metsola, e soprattutto del suo leader all’interno del Ppe Manfred Weber, è questo e l’amicizia con la premier italiana, tanto stretta che le due si messaggiano o telefonano tutti i giorni, può dare una mano. «Per me le alleanze si fanno sui dibattiti e sugli argomenti», lancia la fune la europresidente. Se si trova un accordo nei voti «su immigrazione, clima e aiuti agli imprenditori anche italiani» è segno pragmatico che anche un accordo politico si può trovare. Segue sviolinata senza precedenti: «Quando parla Giorgia Meloni si sente che l’Italia conta. È forte ed europeista e noi contiamo sulla sua leadership che ha messo l’Italia al centro del dibattito europeo».

A QUELLA SIRENA l’orecchio della presidente del consiglio non è affatto insensibile. Tutto dipenderà dal responso delle urne naturalmente ma di restare fuori dalla maggioranza di Strasburgo, senza un commissario italiano ben piazzato e di sua fiducia, Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione. A Matteo Salvini, però, ancora non lo ha detto.

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