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Meloni rilancia sull’Albania, ma la festa non decolla

Meloni rilancia sull’Albania, ma la festa non decollaUn’immagine dal video postato ieri da Giorgia Meloni

Io parlo da sola Il governo cambia il decreto sui Paesi sicuri. Mattarella firmerà, il pasticcio resta

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 23 ottobre 2024

Doveva essere una festa a caviale e champagne, conferenza stampa fiume con tutti i ministri in bella schiera, trionfalismo a go go, superlativi a perdere. È finita a spumantino e tramezzini da bar. La celebrazione del secondo compleanno del governo Meloni si è risolta in un modesto videomessaggio della premier, di quelli da ordinaria amministrazione. Poco meno di due minuti: «Non mi sono risparmiata», «Sono soddisfatta dei risultati e dei traguardi raggiunti», «Sono consapevole di quanto lavoro ci sia ancora da fare». Non entrerà negli annali. Fatica persino ad approdare nella cronaca di giornata.

COLPA IN PARTE della manovra, che ancora non quadra come dovrebbe e tarda ad arrivare in parlamento. Con la legge di bilancio vacante sarebbe stato comunque un compleanno senza torta. Colpa soprattutto del pasticcio albanese, che è un guaio serio e chi ha voglia di fare festa quando il fiore all’occhiello si scopre appassito, la carta vincente per indicare la direzione all’Europa si rivela un’inutile scartina?

Il dl presentato lunedì sera da Mantovano, Nordio e Piantedosi serviva solo alle esigenze della propaganda, certo non secondarie ma neppure risolutive. I magistrati possono ignorare quel decreto in nome della prevalenza gerarchica della norma europea. Il Colle si era messo di mezzo su ogni ulteriore contenuto di carattere procedurale. Il governo, dopo alcuni momenti di tensione alta, si era rassegnato ad arretrare.

ALLA FINE LA PREMIER e i suoi ministri hanno deciso di forzare almeno un po’ per portare a casa qualcosa in più di una lista dei Paesi sicuri promossa a norma primaria, in quanto legge, ma inutile o quasi lo stesso. Il testo finale contiene a sorpresa una seconda modifica, della quale non c’era stata traccia nella conferenza stampa di lunedì sera: i ricorsi contro le sentenze del Tribunale saranno presentati in Appello, che deve decidere entro 10 giorni, e non più in Cassazione. Questione di celerità insomma. Il Quirinale non si aspettava la novità, nonostante il ritardo nella presentazione del decreto avesse destato più di un sospetto.

Il presidente era pronto a firmare nonostante dubbi in quantità industriale: da quando una sentenza determina la necessità e l’urgenza necessarie per decretare? Nonostante le esitazioni dovute all’assenza dei requisiti che dovrebbero essere obbligatori ma che in realtà ormai non sono quasi mai effettivi, Mattarella avrebbe firmato subito un decreto che includesse solo la lista dei Paesi che il governo considera sicuri. La modifica non è di quelle deflagranti, come sarebbe stato il passaggio della competenza in materia ai giudici di pace ma interviene comunque sulla procedura. Il presidente comunque firmerà ugualmente.

L’ORDIGNO ALBANESE, però, è tutt’altro che disinnescato. La partita con la magistratura non è affatto risolta e il prossimo gruppo di migranti trasferito in Albania dovrà probabilmente tornare indietro a stretto giro come quello precedente. L’opposizione reclama la presenza in aula della presidente e se otterrà soddisfazione per Giorgia Meloni non sarà una giornata facile. Ma soprattutto gli effetti esplosivi dell’intesa italo-albanese arrivano nel cuore dell’Unione e fanno vacillare anche Ursula von der Leyen. Alla presidente il modello Meloni piace molto e non lo nasconde, anzi lo mette nero su bianco. Lo supporta, lo sostiene, lo esalta e per la verità non è l’unica in Europa, avendo espresso vivo interesse lo stesso cancelliere tedesco Scholz, social-democratico.

Il gruppo Socialisti e Democratici, però, non la vede allo stesso modo e la mette giù ultimativa: «Se von der Leyen vuole l’esternalizzazione della migrazione non può contare su di noi». I liberali concordano: «Il metodo Meloni è assurdo e illegale». Nel parlamento europeo il voto di fiducia non esiste. Ma nei prossimi giorni si dovrà esprimere il gradimento sui singoli commissari e il pollice verso dei socialisti, a partire dal caso Fitto, affosserebbe la nuova Commissione in culla.

L’ALBANIA È SOLO il casus belli. L’ira dei socialisti è esplosa quando la richiesta di discutere in plenaria il protocollo italo-albanese è stata bocciata dai gruppi della destra e dai Popolari. Per i socialisti è stata la prova dell’intesa sempre meno sotterranea tra i Popolari e la destra: si dicono pronti ad arrivare alle estreme conseguenze. Così anche la presidente amica e alleata di Giorgia Meloni traballa. Non ci si può stupire se in questi giorni, compleanno o non compleanno, la premier non ha voglia di festeggiare.

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