Croci sul luogo del naufragio a Steccato di Cutro (Ansa)
Croci sul luogo del naufragio a Steccato di Cutro – Ansa
Italia

Roccella Jonica e Sant’Eufemia: stragi silenziate

Migranti Un pescatore ha trovato i resti di un bimbo di tre anni, era su un gommone diretto in Sardegna. Brandelli di corpi sulle spiagge calabresi testimoniano naufragi nascosti all’opinione pubblica, i familiari da soli a cercare la verità. Altri cadaveri trovati alle Eolie, vicino Messina e nei pressi di Capo Tindari
Pubblicato 2 giorni faEdizione del 26 ottobre 2024
Silvio MessinettiLAMEZIA TERME (CZ)

Ci sono stragi silenti e stragi silenziate. Ci sono migranti che si inabissano nei mari e nel dimenticatoio e altri che, pur avendo un volto e un nome, vengono insabbiati dal sistema. Ci sono Lampedusa, Steccato di Cutro, Roccella Jonica e c’è la spiaggia di sant’Eufemia. Poi ci sono altre decine di luoghi ignoti in questo teatro di morte. I mari del sud Europa sono ormai diventati cimiteri dei senza nome. Anàs Zouabi aveva 3 anni. Anche Alan Kurdi aveva 3 anni. Nel 2015 l’immagine del suo corpo senza vita, restituito dal mare sulla spiaggia turca di Bodrum, aveva suscitato un’indignazione mondiale. «Senza asilo» aveva titolato questo giornale in un’indimenticabile prima pagina.

SENZA ASILO sarà il destino del piccolo tunisino spiaggiato sulla rena calabrese. Due gambette, un piedino di appena 15 centimetri, una maglietta di Batman. I resti del piccolo che galleggiano sul Tirreno davanti al golfo di sant’Eufemia, nello specchio di mare fra l’ex pontile Sir e la foce del fiume Amato, davanti a Lamezia Terme. È il 14 aprile, un pescatore li nota e allerta la polizia. Il corpo di quel bambino sorridente e riccioluto (come in una foto prima della partenza che la madre ha postato in rete) è sparso negli abissi. Le acque ne hanno restituito solo una parte, dal bacino in giù, molto lontano dal luogo in cui sarebbe dovuto arrivare, le coste della Sardegna. Altri cadaveri di quel naufragio erano disseminati in luoghi molto lontani tra loro: due corpi erano spuntati a marzo al largo delle isole Eolie, uno vicino Messina e uno vicino Capo Tindari. Un naufragio come tanti altri che affollano il Mediterraneo.

SOLO IL LAVORO OSTINATO della procura di Lamezia, guidata da Salvatore Curcio (ora a capo degli inquirenti di Catanzaro al posto di Nicola Gratteri), ha permesso che si facesse luce su un naufragio che ha ucciso tutti i passeggeri dell’imbarcazione partita da Bizerte il 6 febbraio e affondata al largo della Sicilia. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di rintracciare una donna che aveva perso nel naufragio il marito e il figlio. La presenza nell’elenco dei dispersi di un bambino accompagnato dal padre ha fornito agli investigatori l’indizio decisivo. Le immediate interlocuzioni con le autorità consolari tunisine di Napoli hanno consentito di ottenere il profilo genetico della donna che ha confermato l’identità del piccolo. Anàs era partito con il suo papà (ancora disperso) nel tentativo di raggiungere la Sardegna su un gommone con a bordo 18 migranti.

ORA LA BARA bianca di Anàs è tornata a Tunisi. A Lamezia si è svolto un commiato laico e interreligioso. La procura fra qualche giorno dovrebbe disporre l’avviso di conclusione indagini. Le associazioni hanno promosso una raccolta fondi. «Con la sottoscrizione a favore della sorellina di 2 anni di Anàs, rimasta orfana del padre e affidata ai nonni, vogliamo testimoniare il nostro sostegno e cordoglio per una tragedia che ha colpito molto la collettività lametina» ci dice Nuccio Iovene della Fondazione Trame.

Lamezia Terme: cerimonia per Anàs Zouabi, di soli tre anni, ritrovato sulla spiaggia di Sant’Eufemia
Lamezia Terme: cerimonia per Anàs Zouabi, di soli tre anni, ritrovato sulla spiaggia di Sant’Eufemia

NEGLI STESSI GIORNI del riconoscimento del piccolo Anàs, nell’altro mare di Calabria si consumava invece la più grave tragedia dell’immigrazione del 2024. A Roccella Jonica la mattina del 17 giugno sulla banchina nord del porto turistico sbarcarono gli unici 11 sopravvissuti di un viaggio della speranza spezzato a più di 110 miglia dalla costa calabra. Quell’eccidio, 41 morti accertati di cui 26 bambini, 35 dispersi, è noto alle cronache. Tuttavia se ne è parlato poco allora e non se ne parla ormai più. Una strategia del silenzio studiata ad arte dal governo Meloni per evitare una seconda Cutro.

COME DOCUMENTATO anche dalla nostra testata, nei giorni successivi le informazioni infatti arrivarono col contagocce, i cronisti erano tenuti a distanza. Impossibile capire anche quante salme fossero state recuperate e dove fossero collocate. Corpi spostati, portati, smistati, gestiti come pacchi scomodi da nascondere alla vista di tutti. Soprattutto al clamore della stampa e della pubblica opinione. E poi c’erano i familiari. Vagavano soli, non accompagnati da alcun funzionario del Viminale.

CERCAVANO UN INDIZIO, fosse un anello, un neo, una cicatrice, un tatuaggio, per riconoscere i familiari. Nell’ostruzionismo palpabile del governo, tutto doveva avvenire lontano da taccuini e microfoni. La regola d’ingaggio: non mostrare il dolore della piccola Nalina rimasta orfana a 10 anni e ricoverata nell’ospedale di Locri; insabbiare lo sguardo perso e spento di chi cercava invano brandelli di informazione sulla sorte e il destino dei congiunti, della propria famiglia, degli amici. La trasmissione Rai, Report, ritorna sul tragico sbarco del 16 giugno. Domani ripercorre le tappe della vicenda partendo da un elemento nuovo: la segnalazione effettuata da Alarm Phone alla Capitaneria di porto ma mai menzionata nei comunicati ufficiali. C’è il fondato dubbio che il dispaccio fosse rimasto inascoltato.

UN FILM GIÀ VISTO cento chilometri più a nord, a Steccato di Cutro nel 2023. Il processo per la strage del 23 febbraio è in questi giorni in corso a Crotone. I movimenti chiedono verità e giustizia. «È inaccettabile che il governo Meloni tenti di derubricare questo tragico evento a un semplice incidente. La realtà è ben diversa: quella strage, di Stato, si sarebbe potuta e dovuta evitare. Ci auguriamo che la magistratura inquirente sia determinata a individuare i veri colpevoli, quelli che si trovano ai vertici del potere» ci dice Filippo Sestito dell’Arci. Steccato di Cutro, Roccella Jonica, sant’Eufemia, sono dunque le tre fotografie di un governo che si nasconde. In silenzio.

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