Più che un rischio è una quasi certezza, i precedenti negativi del l’Italia in fatto di concessioni demaniali pesano. Ci sono dunque pochi dubbi sul fatto che, in assenza di una sterzata da parte del governo nella direzione opposta a quella impressa con l’ultimo decreto Milleproroghe che ha – appunto – prorogato senza gara le licenze in atto ai balneari, dall’Unione europea arriverà una condanna prima e una sanzione poi. Giovedì la terza sezione della Corte di giustizia dell’Unione, a Lussemburgo, deciderà sul caso dei balneari di Marina di Ginosa (Taranto) in seguito al ricorso del Tar Puglia che ritiene corretta la proroga delle loro concessioni fino al 2033, approvata dal Comune ma contestata dall’Autorità garante della concorrenza. Non è questa però la decisione che preoccupa immediatamente e di più il governo Meloni, che pure è stato recentemente richiamato sul tema dal presidente della Repubblica Mattarella.

Quella di dopodomani sarà infatti una «pronuncia pregiudiziale». Il giudice amministrativo italiano in pratica interroga il giudice comunitario per sapere come va applicato il diritto europeo, nel caso specifico la direttiva Bolkestein che dal 2006 impone che le concessioni siano messe a gara. L’Italia sta riuscendo da allora ad aggirarne la applicazione diretta nel nostro ordinamento, malgrado una sentenza della Corte di giustizia in questo senso ci sia già stata, nel 2016. La risposta che si attende giovedì da Bruxelles, dunque, è pressoché scontata e non favorevole ai balneari. Malgrado riguarderà il caso specifico dei ricorrenti è stata proprio la presidente della nostra Corte costituzionale, Silvana Sciarra, a sottolineare la settimana scorsa che «le pronunce della Corte di giustizia sono vincolanti non soltanto nei confronti del giudice da cui è pervenuta la richiesta». Aggiungendo che «il giudice nazionale può disapplicare la disposizione in contrasto con il diritto europeo».

Il governo, malgrado tutto ciò, è preoccupato soprattutto per la procedura di infrazione che la Commissione europea ha già fatto partire (dal dicembre 2020) contro l’Italia, che ugualmente arriverà davanti ai giudici di Lussemburgo e che proprio dalla sentenza di giovedì può trovare nuovo impulso. Anche se è immaginabile che sia stato proprio per aspettare la sentenza in calendario dopodomani che la Commissione eviti di procedere già domani, rinviando al mese prossimo la richiesta motivata all’Italia di conformarsi al diritto Ue. Si tratta del secondo gradino della procedura di infrazione aperta 28 mesi fa. Dopo di che, in caso di mancato adeguamento, la Commissione può deferire l’Italia alla Corte di giustizia e punirla con sanzioni economiche. Secondo La Stampa, che ne ha scritto ieri, la lettera per il nostro governo è già pronta e il commissario al mercato interno, il francese Thierry Breton, ne ha parlato a Giorgia Meloni durante la sua vista a Roma giovedì scorso.

La presidente del Consiglio ha promesso oltre un mese fa che avrebbe tenuto contro delle osservazioni critiche di Mattarella: il presidente nel promulgare comunque il Milleproroghe aveva sottolineato come le camere avessero aggiunto al decreto norme sui balneari in contrasto con le decisioni dei giudici italiani (il Consiglio di Stato) e con il diritto europeo. Fratelli d’Italia non è in seconda linea nel difendere le rendite acquisite dai balneari – costringendoli però a un’incertezza sulla stabilità del loro diritto – ma è principalmente la Lega a spingere Meloni contro il muro dell’Europa. «Noi vogliamo permettere ai balneari che vogliono continuare a farlo di poter lavorare nello stabilimento che gestiscono da molti anni», ripete ancora Salvini. Mentre il M5S sostiene che «ora l’Ue fa sul serio: Meloni ci risparmi la procedura d’infrazione e si risparmi un ulteriore inciampo davanti all’Europa. Il vicolo cieco in cui i partiti di maggioranza si sono cacciati non tutela affatto gli imprenditori del settore, ma li danneggia». Infine per il segretario di +Europa Riccardo Magi «la propaganda del governo e la difesa di una lobby vanno a danno dell’efficienza dei servizi, del benessere dei cittadini e delle tasche degli italiani che saranno costretti a pagare» le eventuali sanzioni che la Commissione può proporre alla Corte di giustizia.