Politica

Meloni e La Russa a lezione di antifascismo

Sergio Mattarella alla cerimonia commemorativa del centesimo anniversario della morte di Giacomo MatteottiMeloni e Mattarella alla Camera per l'anniversario di Matteotti – LaPresse

L'anniversario Alla Camera il ricordo di Matteotti. La premier: «Un uomo libero ucciso da squadristi». E attacca «chi vuole stabilire cosa possiamo dire». Il suo scranno non sarà più occupato. Violante se la prende con Lenin e loda Tatarella

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 31 maggio 2024

Il ricordo di Matteotti nel centenario del suo ultimo discorso alla Camera diventa una robusta lezione di antifascismo, cui assistono immobili e muti Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, insieme al presidente Mattarella. Una lezione in cui la figura del politico socialista è stata ricordata in tutte le sue sfaccettature, private e pubbliche, dal carteggio con la moglie Velia Titta all’impegno nel partito socialista, con un finale in cui l’attore Alessandro Preziosi, dallo scranno di Matteotti, ha recitato ampi stralci del suo ultimo discorso, quello in cui denunciava i brogli e le violenze fasciste contro candidati ed elettori alle elezioni del 1924. E, di fronte agli inviti del presidente di allora Alfredo Rocco, che lo invitava a proseguire «ma prudentemente», replicava: «Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!». A queste parole scatta l’applauso scrosciante e la standing ovation degli oltre 300 studenti presenti alla Camera.

UNA LEZIONE CHE HA LASCIATO decisamente gelido La Russa, che si è concesso solo qualche applauso di cortesia, meno convinti di quelli di Meloni. La premier ha deciso di affidare il suo pensiero ad una nota in cui ricorda Matteotti come «un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee». Una novità, per la premier, il riferimento esplicito al fascismo. In quell’ultimo discorso che gli sarebbe costato la vita difese la libertà politica, incarnata nella rappresentanza parlamentare e in libere elezioni», dica ancora Meloni.

«Onorare il suo ricordo è fondamentale per ricordarci ogni giorno a distanza di 100 anni da quel discorso il valore della libertà di parola e di pensiero contro chi vorrebbe arrogarsi il diritto di stabilire cosa è consentito dire e pensare e cosa no», prosegue Meloni, uscendo dal seminato per avvicinarsi alla solita litania delle destre contro il politicamente corretto. «La lezione di Matteotti, – conclude- oggi più che mai, ci ricorda che la nostra democrazia è tale se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto, sulla libertà, non sulla violenza, la sopraffazione e l’odio per l’avversario politico».

UN DISCORSO ATTENTAMENTE studiato nelle virgole, che non scalda gli animi delle opposizioni, che da mesi le chiedevano parole più chiare sul fascismo le sue aberrazioni. Istruttivo il commen to dell’ex segretario socialista Riccardo Nencini: «Da Meloni nient’altro che la frase che si legge nei libri di storia di terza media. Né la condanna del regime che lo assassinò, né la passione emotiva e politica del ricordo, tantomeno una riflessione sul mandante. Si è accalorata di più con De Luca che di fronte a una magnifica storia di libertà».

LA NOTIZIA L’HA DATA il presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana, che ha annunciato l’apposizione di una targa sullo scranno numero 14 da cui pronunciò il suo ultimo discorso (quarta fila all’estrema sinistra dell’emiciclo) e la decisione, suggerita da Avs, di non assegnare più a nessun deputato occupare più quella postazione. «In quella seduta», ha ricordato Fontana, «egli domandò l’annullamento in blocco dell’elezione dei deputati di maggioranza, denunciando il clima di intimidazioni e violenze in cui si erano svolte le elezioni politiche del 6 aprile. Denunciò inoltre in modo dettagliato i brogli e le falsificazioni compiuti dai fascisti nei seggi elettorali di tutto il Paese. Opponendosi a ogni forma di prevaricazione e di violenza politica, rivendicava quelle prerogative del Parlamento che considerava la più alta espressione della democrazia moderna».

L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA Luciano Violante (erano presenti anche Fini, Casini. Bertinotti e Fico) ha ricordato come l’ostilità per i Parlamenti sia «elemento comune a tutte le dittature». E lo ha fatto citando “Stato e rivoluzione” di Lenin, suscitando in Meloni e La Russa un sospiro di sollievo. Così come quando ha citato le «violenze da parte antifascista» negli anni 20. E ancora, l’ex dirigente di An Pinuccio Tatarella che, per giustficare degli eccessi in aula di suoi deputati, disse all’allora presidentedi Montecitorio Violante che «spesso un conflitto in Parlamento ne evita uno nel Paese».

Carezze a Meloni anche quando l’ex esponente del Pciha sottolineato la necessità di una «democrazia decidente. «Il fascismo nacque anche dalla crisi di decisione delle vecchie classi dirigenti. Sono le democrazie incapaci di decidere, i Parlamenti che si riducono a teatri del dibattito e giochi di spechi, che aprono i cancelli all’autoritarismo». «Questo Parlamento è quello che Matteotti pensava dovesse essere?» sì è domandato Violante. «Fuori dai casi dell’avvento di dittature, i Parlamenti muoiono per suicidio, non per omicidio».

TRA LE OPPOSIZIONI, Serracchiani loda lo sforzo della premier. «Finalmente parole chiare, il ricordo di Matteotti è fondamentale per tutta la nostra democrazia, per la Repubblica e non solo per una parte». Schlein, presente in aula, ha evitato di commentare le parole di Melon. Ma ha ricordato che la prima riunione della seua segreteria, nel 2023, si è tenuta a Riano, alle porta di Roma, dove fu trovato il cadavere del politico socialista: «La cosa più importante da ricordare è la sua forza di contrastare, di dissentire nonostante le minacce ripetute. Il messaggio più forte che ci ha lasciato è che non c’è stato un prima ed un dopo, perché il fascismo è stato strutturalmente violenza e negazione della libertà».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento