Fa saltare l’incontro con la stampa la prima ministra Giorgia Meloni, dopo il suo incontro con il presidente degli Stati uniti Joe Biden alla Casa Bianca – il secondo in sette mesi, stavolta in veste di presidente di turno del G7. L’unico argomento sul quale ritiene di soffermarsi con un video a margine del bilaterale – e prima di dirigersi verso il Canada dove la aspetta oggi a Toronto l’incontro con Justin Trudeau -, è il raggiunto accordo con il presidente americano sulle sorti di Chico Forti, imprenditore italiano da 24 anni detenuto in Florida con l’accusa di omicidio, che la premier potrà riportare in Italia come trofeo: «Lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto».

NEL CORSO del dialogo con Biden sono stati trattati i temi previsti: a partire dal supporto alla resistenza ucraina all’invasione di Mosca. Il summit di giugno dei G7 in Puglia sarà «concreto e sostanziale», un’«occasione per ribadire l’ordine internazionale fondato su regole, a difesa della libertà e della pace in Ucraina», ha detto la premier. E poi la crisi umanitaria a Gaza: «Dobbiamo coordinare le nostre azioni per evitare un’ulteriore escalation e, in questo senso, sosteniamo appieno gli sforzi di mediazione degli Usa», ha detto Meloni confermando il suo sostegno alla soluzione a due stati, mentre Biden ha ribadito che gli Stati uniti consegneranno aiuti umanitari nella Striscia lanciandoli dal cielo e attraverso un «corridoio marittimo».

All’indomani del viaggio elettorale di Biden al confine con il Messico, Meloni ha anche lanciato una fantomatica «alleanza globale contro il traffico di esseri umani», «il crimine che fa guadagnare più di tutti» ha detto al presidente Usa che ha ceduto su tutti i fronti all’opposizione trumpista sulla militarizzazione della frontiera. Nel corso del bilaterale si è parlato anche di missione europea Aspides contro gli attacchi Houthi – «inaccettabili», dichiara Meloni – nel Mar Rosso, e di intelligenza artificiale. «Il G7 – ha detto la prima ministra – discuterà di Intelligenza artificiale. È uno strumento: buono o cattivo dipende dalla nostra capacità di governarlo e di contrastarne i rischi e l’impatto che può avere sul mercato del lavoro. Vogliamo svilupparla ma anche garantire che mantenga» gli esseri umani al proprio centro. Difficile da realizzare quando la maggioranza dei paesi europei cerca di accodarsi a una corsa vinta in partenza dalla Silicon Valley, su cui l’amministrazione Usa esercita ben poco controllo.

PRIMA DELL’ARRIVO di Meloni negli Stati uniti, la Casa bianca aveva già dichiarato di non avere risposte per gli alleati in merito al pacchetto di aiuti per l’Ucraina, 60 milioni di dollari a cui si aggiungono quelli per Taiwan e Israele, bloccati alla Camera dopo il voto bipartisan in Senato. Più che bloccati: lo speaker Gop Mike Johnson si rifiuta persino di presentare il voto del pacchetto ai deputati – «I bisogni dell’America vengono prima», ha dichiarato. La mancata approvazione degli aiuti, ha comunicato la portavoce della Casa bianca Olivia Dalton, «sta avendo un impatto non solo sulla nostra sicurezza nazionale ma su quella dei nostri alleati e partner in tutto il mondo».
Lo stesso argomento è emerso nell’audizione del segretario della Difesa Lloyd Austin davanti al comitato della Camera per le forze armate. Il capo del Pentagono, messo sotto torchio dai repubblicani per la mancata comunicazione alla Casa bianca del suo ricovero durato tre giorni – il mese scorso – per delle conseguenze di un’operazione per un tumore, ha ricevuto un assist dai deputati democratici, tutti sul piede di guerra contro il pericolo creato dai repubblicani con il loro rifiuto di approvare il pacchetto di aiuti a Kiev.

«SENZA il nostro sostegno, gli ucraini saranno disarmati», ha detto il deputato democratico Adam Smith. Sotto il fuoco di fila Gop, Austin ha ribadito queste affermazioni, paventando una possibile entrata in guerra della Nato: «Non vogliamo vivere in un mondo in cui un paese può ridisegnare i confini dei suoi vicini, e conquistare illegittimamente i suoi territori sovrani. Se Putin avrà successo, non si fermerà. Continuerà le sue azioni aggressive nella regione». «E altri autocrati in giro per il mondo saranno incoraggiati» a fare lo stesso. «Nei panni di uno stato baltico sareste molto preoccupati all’idea di essere i prossimi. Conoscono Putin, sanno di cosa è capace e, francamente, se l’Ucraina dovesse cadere credo davvero che la Nato si ritroverà in una battaglia con la Russia».