Europa

Meloni attacca Sea Watch. «Dalla ong parole indegne»

Meloni attacca Sea Watch. «Dalla ong parole indegne»Giorgia Meloni durante le comunicazioni al senato in vista del Consiglio europeo – foto Ansa

Migranti La presidente del consiglio: «Date via libera agli scafisti che portano migranti illegali»

Pubblicato circa un mese faEdizione del 16 ottobre 2024

Attaccata da Chiara Braga del Pd sull’apertura dei centri per migranti in Albania – «sono una palese violazione dei diritti umani e determinano uno spreco enorme di risorse pubbliche» – la prima ministra Giorgia Meloni ieri alla Camera dei Deputati ha sostenuto che «ormai le nostre politiche migratorie sono diventate le politiche migratorie dell’Ue», che «siete voi a essere isolati sul fronte internazionale», mentre «noi stiamo rispettando il diritto internazionale». Si è poi detta «orgogliosa che l’Italia sia diventata un modello da seguire» e ha aggiunto di aver «accolto con grande soddisfazione l’attenzione dei governi di diverso colore politico» sull’azione italiana, «a riprova del pragmatismo e dell’efficacia che hanno segnato la nostra azione in materia di contrasto dell’immigrazione illegale».

A difesa delle spedizioni di migranti in Albania, Meloni ha così messo il blocco delle frontiere decretato in Germania dal governo Scholz, la sospensione temporanea del diritto d’asilo per i profughi in arrivo dalla Bielorussia decisa dal premier Donald Tusk in Polonia e soprattutto la nuova legge sull’immigrazione annunciata in Francia dal neoministro dell’Interno Bruno Retailleau. Ha fatto pesare anche la sintonia con il primo ministro inglese laburista Keir Starmer, in nome del pragmatismo» sul tema dei migranti.
Ha però omesso di precisare che il primo atto di Starmer da premier in Gran Bretagna è stata la cancellazione delle deportazioni di migranti in Ruanda voluta dal precedente governo conservatore e che nessun altro Paese europeo finora ha esternalizzato la detenzione dei migranti come ha fatto invece l’Italia.

Al contrario, ha annunciato che, «a partire dal Consiglio europeo, su iniziativa dell’Italia si svolgerà un incontro informale tra gli Stati membri più interessati al fenomeno migratorio», aggiungendo che c’è «una nuova attenzione al tema dei rimpatri, anche volto a un rafforzamento dell’attuale quadro giuridico europeo, sul quale abbiamo registrato con favore l’interesse del nuovo governo francese e le dichiarazioni della presidente von der Leyen a margine del vertice Med9 di Cipro». In quell’occasione, la presidente della Commissione Ue ha detto che «il Patto per le migrazioni e l’asilo è la nostra roadmap comune» e che «la Commissione è pronta a dare il supporto necessario agli Stati. In parallelo, continueremo a dar loro assistenza nella sorveglianza dei confini, nella lotta ai trafficanti e nel lavoro sui rimpatri».

La mattina, al Senato, Meloni ha attaccato anche la ong tedesca Sea Watch, dicendo di considerare «vergognoso che definisca le guardie costiere “i veri trafficanti di uomini”, volendo delegittimare tutte quelle degli Stati del nord Africa, e magari anche quella italiana, in modo da dare via libera agli scafisti che questa ong descrive invece come innocenti, che si sarebbero ritrovati casualmente a guidare imbarcazioni piene di immigrati illegali». «Sono dichiarazioni indegne, che gettano la maschera sul ruolo giocato da alcune ong e sulle responsabilità di chi le finanzia», ha concluso. In questo caso, la premier ha portato in Parlamento uno dei cavalli di battaglia della propaganda delle destre, cioè l’idea che le ong che salvano i migranti sarebbero conniventi con le organizzazioni di scafisti.

La polemica era cominciata il giorno prima, quando Sea Watch aveva scritto sul social network X che «il governo degli autopronunciati patrioti spende centinaia di milioni di euro dei contribuenti per deportare e incarcerare qualche migliaia di migranti in Albania. Forse le tasse degli italiani possono essere spese meglio, per accogliere e includere, anziché respingere». Ieri lo scontro è arrivato in Parlamento. «Come Sea Watch ci aspetteremmo risposte quando documentiamo le politiche italiane nel Mediterraneo e loro conseguenze in termini di costi umani, in questi casi invece l’unica reazione è cercare di tapparci la bocca e chiuderci gli occhi», dice la portavoce della ong Giorgia Linardi.

Intanto ieri mattina la nave Mare Jonio di Mediterranea è sbarcata a Porto Empedocle con 58 persone in fuga dalla Libia soccorse in mare. Il ministero dell’Interno voleva farle sbarcare a Napoli, ma gli attivisti hanno rifiutato perché le persone salvate erano molto debilitate e dovevano essere portate a terra al più presto. Agli attivisti è stato notificato il fermo della nave per 20 giorni, e 4mila euro di multa, in base al decreto Piantedosi, con la motivazione che ha soccorso i migranti «senza l’autorizzazione dello Stato di bandiera». È la terza volta che la nave viene fermata.

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