Il cambio delle le regole per i test di ammissione alle facoltà universitarie di medicina potrebbe tagliare fuori proprio gli studenti più bravi. Sono gli studenti e le studentesse talmente brillanti da averlo superato già durante il quarto anno della scuola superiore ma che, con le nuove regole, adesso rischiano l’esclusione. Il caso è stato sollevato da una di loro, Lucrezia Maddaluni da San Giovanni Valdarno (Arezzo), oggi iscritta al quinto anno del liceo della città. Maddaluni ha l’iscrizione a medicina già in tasca. O meglio, aveva: il lusinghiero punteggio maturato nel test sostenuto nel 2023, sfruttando la possibilità di sostenere l’esame di ammissione con un anno di anticipo, non dà accesso diretto alle facoltà ma dovrebbe garantire una posizione di sicurezza nelle graduatorie dei test del 2024. Con la riforma del concorso ora teme di perdere il risultato acquisito e la possibilità di frequentare l’ambito corso di laurea.

La ministra dell’università Anna Maria Bernini ha infatti deciso che nel 2024 il test sarà diverso: i quesiti saranno estratti da una banca dati pubblica su cui i candidati potranno esercitarsi. È una decisa semplificazione del compito che renderà obsoleti i punteggi dei test ottenuti con le vecchie regole, prima della definitiva archiviazione dei test d’ingresso, rimandata al 2025. E nasce dai numerosi scandali che hanno macchiato la formula precedente, che hanno rivelato un commercio nemmeno tanto occulto di domande e risposte ai test via social. «Ho preparato tutto con il solo aiuto di alcune lezioni organizzate dal mio liceo – racconta la studentessa – ma senza poter frequentare i costosi corsi privati di preparazione appannaggio degli studenti più facoltosi, segno che il primo elemento di discriminazione nell’istruzione di questo paese è sempre economico, ancor prima che burocratico».

Ora la ragazza parla di «sconforto»: senza una tutela per chi si trova nella sua situazione, dovrà rifare il test da capo e le rimarranno «pochi mesi per una eventuale nuova preparazione». È il primo impatto diretto con il mondo sanitario «schiacciato dalla carenza di investimenti (quelli promessi duranti il Covid sono rimasti illusori) e dalla tendenza a delegare sempre più servizi al sistema privato». Maddaluni, figlia e nipote di infermieri e con un fratello iscritto a medicina, conosce bene la situazione.

La ministra Bernini assicura al manifesto di essere al corrente della situazione. I suoi tecnici stanno valutando diverse opzioni per sanare il buco normativo. Escludere dalla formazione medica gli studenti più meritevoli sarebbe un imperdonabile auto goal. Il progetto a lungo termine della ministra è la sostituzione del test d’ingresso con il metodo «francese»: ci si potrà iscrivere a medicina dopo un semestre in un’altra facoltà in cui si siano superati esami di fisica, anatomia e biologia sulla base di una graduatoria nazionale. Non verrebbe dunque eliminato il numero chiuso, da molti ritenuto anacronistico in un Paese che fatica a trovare nuovi medici.

Per questo è stata lanciata una petizione per il ritorno all’antico. «Questo sistema – scrivono i promotori – sposta la selezione più avanti nel tempo, una metodologia ancora più iniqua del TolcMed (l’esame di ammissione, ndr). In questo modo si aggiunge un ulteriore sbarramento che non dipenderà più da una prova chiara e trasparente per tutti gli studenti, ma dalle singole sedi universitarie con il rischio di gravi disparità tra nord e sud».