Leggo che qualche lettore di importanti giornali non vorrebbe neppure vedere le foto e tanto meno sapere i particolari degli stupri e delle sevizie fatte sulle vittime del 7 ottobre. Questo è legittimo e comprensibile e fa onore a chi mostra rispetto per le vittime e i superstiti. Ma qualcuno deve pure vedere e riferire perché anche questo è rispetto per le vittime e ricerca di giustizia per le loro sofferenze. Ho letto che sono state trovate delle fosse comuni dove, in sacchi di uso militare, erano sepolti dei cadaveri con le mani legate. Anche queste vittime hanno diritto a rispetto e giustizia. I giornali riportano che il disseppellimento è stato effettuato dalle forze militari di occupazione alla ricerca di eventuali vittime israeliane che pare non abbiano trovato.

Ho visto le foto di giovani nudi o seminudi accatastati su un camion, legati e portati non si sa dove. Le didascalie chiarivano che erano giovani palestinesi catturati e portati via dalle autorità di occupazione. Dove sono stati portati e a che titolo sono stati catturati e maltrattati? In queste situazioni credo che ciascuno debba fare del suo meglio per dare aiuto e garantire il rispetto delle vittime. È il mio mestiere.

All’epoca della prima Intifada ho lavorato all’ospedale Makassed di Gerusalemme Est come co-responsabile della radiologia, con l’approvazione delle autorità occupanti e il riconoscimento dell’autorità palestinese, alle dipendenze del ministero degli affari esteri del governo italiano.
Non mi sembra vano offrire la mia disponibilità per partecipare a una commissione medica internazionale per garantire rispetto e giustizia a tutte le vittime degli avvenimenti in Israele e in Palestina dal 7 ottobre in poi.

Chiedo perciò al governo italiano, per il quale ho lavorato in numerose missioni di cooperazione, di farsi interprete di questa disponibilità e offrire la mia competenza. Credo che il governo e il parlamento dovrebbero farsi promotori di un’iniziativa per una commissione medica internazionale neutrale.

Mi dicono che molti degli ospedali in cui lavoravo in quanto ospedale di riferimento per le indagini radiologiche sono stati distrutti o severamente danneggiati in operazioni militari. Se fosse vero, questo sarebbe inaccettabile dal punto di vista dello stesso diritto di guerra – per quanto questa stessa espressione sia una questa contraddizione in termini – e il diritto all’incolumità è il primo diritto dei pazienti e del personale medico che deve essere tutelato.

Non credo di sbagliare se dico che il mio amico e compagno di studi Gino Strada, con cui spesso mi sono trovato a operare sul fronte della cooperazione internazionale, avrebbe fatto la stessa proposta, se fosse ancora in vita, ma Gino non c’è più.

Per garantire come doveroso un’attività indipendente rifiuto emolumenti o rimborsi spese e assumo personalmente tutti i costi di un’eventuale attività in loco e lo stesso credo dovrebbero fare tutti i membri di una commissione medica internazionale.

Mi rivolgo ai colleghi, giovani e meno giovani, perché sostengano questa modesta proposta come possono, ma soprattutto con il loro contributo di idee di e di speranza.