Per la Ocean Viking e l’Humanity One quello di ieri è stato ancora un giorno di attesa in mare. Al mattino al Viminale si è tenuto il primo Comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza presieduto dal ministro Matteo Piantedosi nel quale si è parlato anche di immigrazione. Poteva essere l’occasione per far arrivare alle navi delle due ong, che da giorni hanno chiesto un porto sicuro, un’indicazione sul destino che le attende. Invece niente. Si è preferito continuare un braccio di ferro utile solo a rendere ancora più precarie le condizioni dei 382 migranti che si trovano a bordo delle imbarcazioni umanitarie.

Introducendo per di più una distinzione tra i salvataggi effettuati dai mezzi della Guardia costiera, ai quali fortunatamente non viene negato lo sbarco dei naufraghi, e quelli messi in atto dalle navi delle ong. «Ora è una fase di attesa- ha spiegato in serata Piantedosi parlando a Porta a Porta – quel che vogliamo affermare è un principio. Lanciamo un segnale a nostri partner europei: la condivisione di questo fenomeno non può esserci solo a sbarco avvenuto, con ricollocamento e distribuzione, ma deve essere preso in carico da subito». Per di più le persone che si trovano a bordo «non sono in condizioni di insicurezza» ha aggiunto il ministro rivendicando di aver agito secondo quanto previsto dai decreti sicurezza, anche nella riscrittura fatta dal governo Conte 2.

E’ un po’ come se si fosse tornati indietro nel tempo, quando ai Viminale sedeva Salvini e teneva i migranti in mare in attesa che dall’Europa arrivasse la disponibilità ad accoglierli. Anche dal punto di vista delle proposte, del resto, è come se si fosse tornati a una sorta di anno zero dell’immigrazione con la riproposizione di soluzioni già sentite in passato. Dal vertice di ieri non sono uscite infatti novità particolari. A partire dalla riproposizione di iniziative a livello europeo per coinvolgere i Paesi di origine e di transito dei migranti a collaborare in maniera più attiva nel fermare le partenze di quanti tentano di raggiungere l’Europa. In teoria potrebbe voler dire l’applicazione di quello che la premier Giorgia Meloni, parlando martedì alla Camera, ha definito un «piano Mattei» per l’Africa consistente in investimenti utili a favorire lo sviluppo delle economie locali.

Piani che, ammesso che vengano mai attuati, richiedono tempo per dare i primi risultati. Nel frattempo parlano i numeri degli arrivi, numeri che nulla hanno a che vedere con quelli registrati fino a solo pochi anni fa ma buoni se si vuole creare un’emergenza immigrazione. Dall’inizio dell’anno fino al 26 ottobre, è stato spiegato nel vertice di ieri, sono arrivati in Italia poco meno di 80 mila migranti (79.647) con un incremento del 50,78% rispetto allo stesso periodo del 2021. Libia e Tunisia si confermano i Paesi nei quali si è registrato una maggiore incremento delle partenze, ai quali ora si affianca anche la Turchia (+43,02% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).

A quanto pare Piantedosi ha deciso di proseguire nel solco tracciato da Salvini quando era il leghista titolare del Viminale e l’attuale ministro ricopriva il ruolo di capo di gabinetto. Anche nell’impegno a voler incrementare i corridoi umanitari e i flussi regolari che permettono ogni anno l’arrivo di decine di migliaia di persone.

Ora un «comitato ristretto» avrà il compito insieme all’ufficio legislativo del ministero di mettere a punto una serie di provvedimenti da presentare in uno dei prossime riunione del consiglio dei ministri. Non è esclusa l’ennesima riscrittura dei decreti sicurezza che, pur non potendo sorvolare sulle modifiche volute a suo tempo dal Quirinale, potrebbe comunque intervenire con nuove norme di comportamento per le navi delle ong senza escludere una possibile riscrittura in senso restrittivo della protezione speciale.

Infine l’ordine pubblico. Pur non evidenziando particolari criticità, nella riunione di ieri del Comitato sono stati esaminati – spiegano dal Viminale – i rischi legati ai tentativi d strumentalizzazione del malcontento delle categorie più penalizzate dalla congiuntura economica e al variegato fronte contestativo».