Sul Pnrr «l’Italia ha assunto un impegno con la Ue che va ovviamente onorato»: è inevitabile che le parole del capo dello Stato al Festival delle Regioni, meno di 24 ore dopo quelle di Giorgia Meloni, suonino come un monito e una correzione di rotta. Eppure non è questa l’intenzione di Sergio Mattarella, anche se il presidente non è nato ieri e sa che così verranno interpretate, avendo la premier quasi annunciato che i 55 traguardi promessi a Bruxelles entro dicembre non verranno raggiunti, per colpa di Mario Draghi e non sua.

CERTO, SUL COLLE sentendo quelle parole sono rimasti sbigottiti, si sono chiesti se la premier si renda conto di quale danno enorme sarebbe per il suo governo e per tutto il Paese uno scontro aperto con l’ex premier. Sono rimasti anche più trasecolati sentendo un sottosegretario alla presidenza, Givanbattista Fazzolari, trattare Bankitalia alla stregua di Confindustria e dei sindacati, le rappresentanze delle aziende, dei lavoratori e delle banche. E tuttavia l’obiettivo del capo dello Stato non è bacchettare ma spronare tutti, governo e Regioni, perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza «indica obiettivi, in termini di riforme e investimenti, ai quali è legato il destino del Paese ben oltre il termine della sua attuazione nel 2026». Bisogna fare uno sforzo estremo per raggiungere quanti più obiettivi possibile, andando comunque un po’ oltre quel che oggi sembra il tetto massimo.

DA TIRANA, per il vertice Ue-Balcani, Giorgia Meloni, dopo una chiacchierata al volo con Viktor Orbán, si dichiara del tutto d’accordo con il presidente e assicura che il governo «sta lavorando in maniera incessante» proprio sugli obiettivi del Pnrr. Poi corregge Fazzolari, il suo sottosegretario di fiducia, rovescia la prospettiva fingendo che la rampogna di via Nazionale sia una promozione: «Per noi la notizia è che sulla manovra non ci sono da parte di Bankitalia critiche sostanziali sulle grandi voci. Vuol dire che è una manovra ben fatta, seria e che dà segnali importanti». In parte è una strategia comunicativa che la premier usa a tutto campo. Con Emmanuel Macron non c’è stato tempo per un incontro bilaterale ma va tutto bene e si provvederà al più presto. Sulle Ong la linea del governo non cambia, ma «mi rendo conto che la questione non va affrontata così, con un approccio solo italiano». Comunque è già un buon risultato che la Commissione europea abbia messo «il tema della rotta del Mediterraneo centrale come tema prioritario e non era mai avvenuto».

PERÒ UNA COSA è minimizzare e far finta di niente in pubblico, altra cosa crederci davvero. La premier sa perfettamente che in questo momento tutto può permettersi tranne entrare in guerra con Bruxelles e con palazzo Koch, a maggior ragione se su una bandiera di poca importanza concreta come il tetto per i pagamenti in contanti. Ha dato ordine ai suoi di difendere a spada tratta la manovra, bersagliata dalle parti sociali, ma evita nuove polemiche con Bankitalia e soprattutto, se è questo che l’Europa chiede, si prepara a rivedere quel tetto.

Bruxelles, che sta esaminando la manovra italiana,negli incontri degli ultimi due giorni con Giorgetti ha in effetti posto proprio questo problema, insieme alla richiesta di una più decisa lotta contro l’evasione fiscale. Il tetto Pos potrebbe abbassarsi sino a 40 euro o dimezzarsi sino a 30 euro. Ma sull’altra voce messa all’indice da Bankitalia, il tetto per il contante, le cose stanno diversamente: perché su quel fronte la Ue è molto meno tassativa. Circola addirittura la tentazione di alzarlo ulteriormente rispetto agli attuali 5mila euro, tanto per dimostrare che il passo indietro sul Pos non è una resa del governo. Difficilmente la suggestione diventerà concreta ma un abbassamento del tetto del contante, con questo stato d’animo, è ben poco probabile.

I TEMPI PER LA MANOVRA però stringono e le scelte finali sulle possibili modifiche in Parlamento devono essere decise a stretto giro. Oggi dovrebbe riunirsi il vertice di maggioranza su manovra e dl Aiuti. Forza Italia è decisa a tornare alla carica sia sull’aumento sino a 600 euro delle pensioni minime sia, nonostante il drastico pollice verso di Fazzolari, sulla proroga del Superbonus. Ma la presidente del consiglio, che con la Ue può vantare solo il rigore sui conti pubblici, è altrettanto decisa a non arretrare di un centimetro.