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Mattarella: «Promulgare le leggi non significa condividerle»

Mattarella: «Promulgare le leggi non significa condividerle»

REGIONALI DA BRIVIDO L’occasione, un incontro con i vertici di Casagit, l’assistenza dei giornalisti, si presta a marcare il punto sull’importanza essenziale della libertà di stampa e il capo dello Stato non si […]

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 6 marzo 2024

L’occasione, un incontro con i vertici di Casagit, l’assistenza dei giornalisti, si presta a marcare il punto sull’importanza essenziale della libertà di stampa e il capo dello Stato non si fa certo pregare: «È fondamentale per la nostra democrazia», è «indispensabile» tanto che sta a tutte le istituzioni, ciascuna nel proprio ambito, tutelarla e difenderla. Però Sergio Mattarella non si ferma qui. Vuole andare oltre, dire non qualcosa ma molto d’altro: in realtà vuol fare una volta per tutte il punto sul suo ruolo istituzionale nei confronti delle leggi e della loro promulgazione.

Il presidente, stavolta, è netto, chiarissimo. La Costituzione, dice senza perifrasi, «non è lo Statuto albertino» e il presidente «non è un sovrano, fortunatamente». Chi parla come se una legge, per essere varata richiedesse l’approvazione non delle sole Camere ma anche del monarca ha sbagliato secolo. Nel nostro tempo e nella nostra Repubblica il capo dello Stato «non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è cosa ben diversa». Non disponendo, sempre per fortuna, di potere legislativo, il presidente non può entrare nel merito delle leggi. La sua firma attesta solo che un provvedimento è stato approvato da entrambi i rami del Parlamento e «non presenta profili di evidente incostituzionalità». L’aggettivo è importante: sta a dire che se l’incostituzionalità non è plateale e palese, se ci sono margini di dubbio la palla e il verdetto passano alla Corte costituzionale.

Si sa quanto Mattarella sia attento al rispetto rigido, anche formale, della Carta. Quindi sottolinea che «sarebbe grave» se proprio il presidente, il guardiano della Costituzione, «pretendesse di attribuirsi compiti che la Costituzione attribuisce ad altri poteri dello Stato». Non è una lezione di diritto costituzionale, anche se può sembrarlo. Sono parole che mirano a mettere un punto fermo su come il presidente intende muoversi nei confronti delle leggi della destra e dunque anche della riforma costituzionale. Inutile tirarlo per la giacca, invocare un suo intervento diretto ed esplicito che cozzerebbe con i limiti del suo ruolo. Altri presidenti della Repubblica avrebbe inteso quei limiti con una certa elasticità. A volte con molta elasticità. Non Sergio Mattarella.

Solo che la lama è a doppio taglio. Insistendo sulla funzione e il ruolo del presidente nel varo delle leggi Mattarella ha anche specificato che firmarne la promulgazione non vuol dire condividerle. Neppure la maggioranza potrà cercare di tirarlo a forza dalla sua parte ripetendo che una legge, o una riforma costituzionale, gode dell’avallo del capo dello Stato. La sua firma non implica consenso e un politico di lunghissimo corso e vasta esperienza come lui sa perfettamente come far capire cosa pensa di leggi che pure è in obbligo di promulgare. Si può scommettere che sull’autonomia differenziata e sullo stesso premierato, leggi che non apprezza neppure un pochino, troverà modo di comunicare, pur se per vie molti indirette, il suo pensiero.

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