Tra i volontari della Guardia Nazionale ucraina impegnati ai posti di blocco a Odessa ce ne sono alcuni che hanno delle toppe particolari. Una croce a due bracci, chiamata croce patriarcale, che incontra un’ancora alla fine e la cosiddetta Pahonia, uno scudetto rosso su cui è raffigurato un cavaliere bianco con la spada sguainata e lo scudo crociato (anche qui la croce è a due bracci). A portarli sono i volontari del contingente di bielorusso impegnato nel sud dell’Ucraina che oggi abbiamo incontrato mentre presidiavano gli accessi della zona fortificata del centro città.

IVÀN HA 35 ANNI, viene da Gomel, dove si sono tenuti i primi negoziati tra i due Paesi in guerra più di un mese fa, ed è arrivato a Odessa nel 2020. «In Bielorussia non si può più vivere» inizia «da quando il governo di Lukashenko è diventato una dittatura non riusciamo più a decidere nulla, si fa solo ciò che vuole Putin e si reprime ogni forma di dissenso». «Ma voi siete qui per difendere l’Ucraina o per combattere contro Lukashenko?», gli chiedo. «Siamo qui per vari motivi, Daniel ad esempio (un commilitone di Ivàn, presente anche lui durante l’intervista, ndr) è qui da dieci anni, altri ragazzi sono arrivati a febbraio, dipende». «Ma perché proprio Odessa?». «Alcuni di noi avevano parenti qui, in generale però il motivo principale è che qui si parla russo», Ivàn spiega anche che qui è lontano abbastanza dalle zone di frontiera e quindi il rischio di essere catturati e riportati in patria è minore. Inoltre, non è l’est, dove pure si parla russo ma per un anti-putiniano dichiarato la paura di rappresaglie dei russi o dei filo-russi è maggiore.

GLI CHIEDIAMO cosa lo abbia spinto a partire e risponde molto candidamente che non era un dissidente, non aveva la polizia alle calcagna anche se molti suoi amici erano finiti in galera per aver manifestato e alcuni ancora ci sono. «Per me, semplicemente, non ci sono prospettive lì finché Lukashenko resterà al potere, non riesco a immaginare di mandare i miei figli a scuola in posto dove criticare il governo è reato, dove manifestare è quasi illegale e dove le elezioni sono una farsa». «Ma secondo te questa visione della Bielorussia è condivisa dai tuoi concittadini?». A questo punto interviene per la prima volta Daniel, che dice che almeno il 70% dei bielorussi vorrebbe che Lukashenko sparisse «in questo preciso momento», Ivàn annuisce serio mentre Daniel continua dicendo che «questa guerra è l’esempio del modo in cui Putin vorrebbe trasformare gli altri stati dell’ex-Unione Sovietica, proprio come ha fatto la Bielorussia».

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DANIEL, CHE HA 40 ANNI, aveva svolto il servizio di leva da ragazzo, due anni, quindi aveva già dimestichezza con la vita militare Ivàn, di contro, non era un militare di professione ed è la prima volta che imbraccia un’arma. Quando gli domandiamo se è una vita dura dice che «i ragazzi che sono al fronte, loro se la passano male, per loro è difficile; qui noi abbiamo principalmente compiti di controllo e alla fine non è così pesante, soprattutto se pensi a chi è in prima linea». A rifornire di equipaggiamento, Ivàn mi indica la radio trasmittente e l’uniforme, e attrezzature varie sono associazioni di espatriati bielorussi da tutto il mondo. Stranamente questi soldati non sono armati, il che è singolare, sono gli unici nel raggio di chilometri che non hanno un Kalashnikov in braccio.

ANCHE SE È EVIDENTE che il loro odio verso l’attuale governo bielorusso sia già un motivo sufficiente, chiedo a entrambi cosa li abbia spinti ad arruolarsi per l’Ucraina. Per Ivàn sembra una questione di principio «l’Ucraina deve essere difesa» dice «ha bisogno di tutti noi perché la Russia non si tirerà indietro». Per Daniel la motivazione è molto più pratica, «Putin deve capire che non può fare come vuole e se vinceremo qui sarà un monito anche per gli altri che lo seguono». Questi volontari credono davvero che l’Ucraina possa vincere? Sì, affermano convinti. E credono che Mariupol sia perduta? Sì, ripetono, altrettanto convinti.

Del resto, la situazione nel porto d’ingresso al Mar d’Azov sembra davvero prossima a una capitolazione. Stamane, in un videomessaggio diffuso on-line, il comandante della 36° brigata marina, Sergiy Volynskyi, ha dichiarato che i russi in quella zona hanno «superiorità tecnica, di mezzi, di artiglieria, supremazia aerea e il rapporto tra le nostre truppe e le loro è di dieci a uno».

VOLYNSKYI HA POI AGGIUNTO che restano «solo pochi giorni, se non ore» per salvare i civili attualmente all’interno dell’impianto siderurgico «Azovstal». Lo stesso nelle ultime ore è stato ripetutamente bombardato, altri video diffusi da fonti russi mostrano i mirini elettronici degli aerei e dei droni puntare sull’acciaieria e, successivamente, la deflagrazione a terra. Volynskyi ha dato anche delle cifre, al momento ci sarebbero almeno 500 soldati feriti nello stabilimento, uomini che probabilmente non riuscirebbero ad evacuare da soli. «Questo potrebbe essere l’ultimo appello delle nostre vite», ha concluso.

POCO DOPO il vice-primo ministro, Iryna Vereshchuk, ha fatto sapere che per la giornata di mercoledì era stato concordato un corridoio umanitario per donne, bambini ed anziani proprio da Mariupol. «I civili saranno in grado di evacuare dalla città assediata in direzione di Zaporizhizhia attraverso i territori occupati di Mangush e Berdyansk». Vereshchuk ha ricordato che molti dei precedenti accordi sono stati disattesi dalla controparte ma che il piano prevedeva un punto di raccolta alle 14 nei pressi del centro città. Mentre chiudiamo quest’articolo non sono ancora giunte notizie in merito e, pertanto, ci è impossibile determinare l’esito dell’evacuazione.

Un dato interessante, a fine giornata, è arrivato dall’intelligence britannica. Secondo Londra gli attacchi aerei alle città dell’Ucraina (compresi quelli a Leopoli e a Dnipro delle ultime 48 ore) sarebbero parte integrante della nuova strategia russa per «destabilizzare» le difese ucraine e impedire il movimento di rinforzi e armi verso est. Nel frattempo, sempre secondo l’MI6, i preparativi russi per la «grande offensiva» nel Donbass sarebbero quasi ultimati.