Marienthal, modello di lavoro garantito
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Marienthal, modello di lavoro garantito

Reportage In Austria, il programma Magma per abolire la disoccupazione

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 3 dicembre 2022
Angela MayrMarienthal

È possibile abolire la disoccupazione? Porsi l’obiettivo in ogni caso sì. Lo tenta un programma pilota di nome Magma acronimo di Modell Arbeitsplatzgarantie Marienthal, modello di lavoro garantito. È in corso a Marienthal Gramatneusiedel, scelto per il richiamo storico del posto ma anche perché corrisponde con precisione alla media statistica regionale: 6% di disoccupati, e di questi 31% di lunga durata, che vuol dire da oltre un anno. Magma che si dichiara basato sull’evidenza», per verificare se il modello può essere la cura giusta, ha commissionato uno studio all’Università di Vienna, ‘Marienthal reversed’, a rovescio, che accompagna il programma analizzando gli effetti sociali e psicologici, a differenza dei loro precursori, del lavoro sulle persone, disoccupate da molto tempo. L’università di Oxford invece sta studiando i costi e le implicazioni economiche del modello ‘lavoro garantito’, che è un modello integralmente finanziato dallo stato.

Prima di recarci sul posto, a Marienthal per capire di cosa si tratta abbiamo incontrato nel suo ufficio a Vienna il promotore del programma Sven Hergovich, direttore dell’AMS Arbeitsmarkt Service, agenzia pubblica del lavoro della Bassa Austria. Questione importante: Il programma Magma è mirato a realizzare un diritto, quello al lavoro, o punta piuttosto a imporre il lavoro come dovere, seguendo la logica del workfare che condiziona la percezione di sussidi a obblighi di prestazione spesso anche brutali e arbitrari? Il più duro e contestato esempio di questa logica è il tedesco cosiddetto Hartz 4 (legge che sta per essere abolita). Nominato Hartz 4 Hergovich sobbalza.

«Magma è l’esatta antitesi a Hartz 4. Intanto perché qui non abbiamo Mcjobs da 1 euro, ma lavori tutti retribuiti in base ai contratti collettivi nazionali. Poi l’adesione al programma Magma è volontaria, chi non partecipa non subisce alcun taglio del sussidio o penalità. Solo la partecipazione alla fase preparatoria di otto settimane è stata obbligatoria».

Del resto che non si tratti di workfare lo conferma anche una prima relazione dell’Università di Vienna facoltà di sociologia: un excursus sul welfare analizza il passaggio su scala europea negli anni ’80 dal concetto tradizionale del welfare, azione di sostegno passivo, al workfare, azione attiva. Sottolinea quindi che il programma Magma è altro: un lavoro garantito per tutti i disoccupati di lunga durata, quelli difficilmente occupabili, finanziato dallo stato, presupposto datore di lavoro di ultima istanza. Il costo del programma che finirà dopo tre anni e mezzo nel marzo 2024 , mirato su 150 persone è di 7,5 milioni di euro. Finirà, una garanzia di lavoro a termine dunque? «È molto più lungo dei comuni progetti di lavoro che durano al massimo un anno – spiega Hergovich- poi se le valutazioni finali delle due università saranno positive il programma verrà continuato ed esteso».

Posti di lavoro

Il direttore dell’Ams Bassa Austria è un convinto sostenitore della necessità che lo stato crei e finanzi posti di lavoro. Del resto è stato vice capo gabinetto di un ministro socialdemocratico del lavoro che aveva lanciato un programma di posti di lavoro pagati dallo stato per ultra cinquantenni, «Aktion 20 000» programma subito cancellato dal governo Kurz nel 2018. «La follia dei neoliberali non concepisce che lo stato possa creare e finanziare posti di lavoro. Non considera che la disoccupazione è strutturale, di sistema, che vuol dire che il solo mercato non offre un lavoro a tutti. Ma la disoccupazione va combattuta, abbiamo visto dove porta, al fascismo. C’è un due terzi dei disoccupati di lunga durata per i quali è impossibile trovare un posto nel mercato di lavoro, perciò penso che al posto di spendere per i sussidi si può investire invece in posti di lavoro, sensati poi, di utilità sociale e ambientale».

Esistono già prime valutazioni di ‘Marienthal reversed’ sull’atteggiamento dei partecipanti al programma, tutti i disoccupati di lunga durata del posto, diversi per età, istruzione, nazionalità. «Tutti scettici all’inizio apprezzano ora la migliorata condizione economica. Un gruppo che comprende la metà delle persone è chiamato ’imaginary target group’, sono veramente contente, autostima aumentata, sentono il lavoro a loro misura, consapevoli di non poterlo trovare nel mercato privato. Preoccupati però, in ansia per il termine dell’esperienza. Un altro gruppo sono ‘i distanziati’ delusi, perché non considerano quello che fanno un vero lavoro, si aspettavano una riqualificazione professionale maggiore e inserimento nel primo settore di lavoro, quello ‘normale’. A questo proposito Hergovich «non è possibile inserirli nel primo mercato di lavoro, non vengono presi, neanche se noi paghiamo quel posto, interamente i primi tre mesi, poi per due terzi altri nove». Un terzo gruppo, il più piccolo sono i ‘self realizer’, persone anziane non lontane dalla pensione.

Testimonianze

Come Adnan che abbiamo incontrato davanti all’ex casa padronale della ex fabbrica che si trova di fronte al museo. 61 anni, di Sarajevo, fuggito 5 mesi prima dell’assedio della sua città nel 1991. Ex giocatore di basket laureato in giurisprudenza a Sarajevo, in Austria ha fatto il conduttore di autobus, poi da tassista rimasto disoccupato. Ha scritto una trentina di domande di lavoro, «due infarti, 61 anni, nessuno mi prendeva». Così è caduto in una forte depressione «mi sentivo vecchio, diventato rifiuto». Si è trasferito a Gramatneusiedel dove abita la figlia. Lì è arrivato Magma con un lavoro: La cura del giardino intorno alla ex casa padronale della fabbrica. Ecco vedo le bellissime rose rosa da lui piantate. 20 ore la settimana, 1040 euro netti al mese 14 volte l’anno. «Mi hanno tirato fuori da un buco nero, il progetto Magma è stata la mia salvezza». Potrebbe stare fino a febbraio in malattia per una recente operazione alla spina dorsale. Ma preferisce lavorare: « non posso stare a casa e vedere solo il cane e mia figlia, qui invece trovo compagnia». Visitiamo la falegnameria, che fa riparazioni e restauro per privati e enti pubblici allestita in un residuo capannone. Troviamo tre donne e un uomo al lavoro, degli assenti «uno è malato, poi altri sono in malattia ma credo che sentono il lavoro troppo duro» ci dice Astrid, diventata falegname professionista. Guida gli altri «credo che alcuni mi sentano troppo severa – lo sono quando c’è molto lavoro- ma non mi dicono qual è il loro problema».

I lavoratori incontrati sono quelli presenti nell’area ex fabbrica di fronte al museo, presentati da Itworks, l’associazione che gestisce il progetto insieme all’Ams, l’ufficio nell’ex palazzo padronale. Dov’è anche l’ufficio di Melanie, 32 anni, tre figli, 14, 8, e 5 anni. Lei e il suo gruppo si occupa della digitalizzazione degli atti di uffici pubblici. Ha seguito un corso di formazione di un anno e mezzo, cosiddetto corso Sap pagato dall’Ams che fornisce un certificato internazionale. Aveva già un apprendistato concluso da farmacista, ma ha lasciato il lavoro in farmacia perché non si sentiva valorizzata. Contentissima ora perché voleva un lavoro di ufficio. 35 ore, 1238 euro nette al mese 14 volte l’anno. Il suo posto probabilmente è parte di quel 40% che potrà essere assorbito dal mercato di lavoro non sostenuto.

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