Maria Ressa condannata, ma per Duterte rimane un problema
Filippine Il suo sito Rippler è un punto di riferimento grazie alle inchieste sul potere
Filippine Il suo sito Rippler è un punto di riferimento grazie alle inchieste sul potere
A chi può far paura questa figurina esile con un largo sorriso dietro occhiali altrettanto grandi che sormontano la mascherina? Per di più è anche donna! Ma Maria Ressa, che all’apparenza potrebbe essere portata via da un refolo di vento, è tutt’altro che un passerotto sperduto come la sua difesa in tribunale, ma soprattutto la sua storia, dimostrano.
La donna che ieri è stata condannata con un suo sodale per cyber diffamazione a Manila e che rischia di passare con lui tra sei mesi e sei anni in prigione, fa davvero paura. Fa paura a Rodrigo Duterte, il presidente padrone dell’arcipelago e fa paura alla sua corte che non è sfuggita, come lui stesso, all’occhio vigile di una giornalista con la schiena dritta che nel 2018 è stata catalogata da Time «Persona dell’anno», che la Bbc considera tra le cento donne più importanti del pianeta e che nelle Filippine è stimata tra le persone più influenti del Paese.
Ieri, quando una corte della capitale l’ha riconosciuta colpevole di calunnia col collega Reynaldo Santos, dopo la denuncia del businessman Wilfredo Keng che secondo il giornale di Ressa aveva corrotto il titolare della Corte suprema Renato Corona (ora deceduto), sono stati in tanti a schierarsi con di lei. E a bollare la sentenza di scelta politica.
Per Amnesty International e le associazioni di giornalisti – locali e internazionali – Maria Ressa è l’ennesima vittima di una persecuzione ad hoc che l’ha già vista accusata di magheggi finanziari per sostenere il suo giornale online, Rappler, di cui è fondatrice e amministratrice delegata. Arrestata nel febbraio 2019 e incriminata con un escamotage tecnico (l’articolo su Keng, corretto per un refuso, è stato giudicato «ripubblicazione» con un’interpretazione assai controversa della legge contro la cyber-criminalità), Ressa esce su cauzione: è la sesta volta che le accade per accuse che, afferma, sono «fabbricate» per metterla a tacere. Alza la voce a suo favore allora persino l’ex segretaria di Stato americano Madeleine Albright che definisce il suo arresto «scandaloso».
Da ieri ha tempo fino all’appello e poi al terzo grado di giudizio per cercare di evitare il carcere, la stessa fine che attende il collega Santos. Ma l’aria che tira non è buona. Non è buona nelle Filippine ma è di tempesta anche in Malaysia, Thailandia, Myanmar. In una regione dove il Covid-19, benché abbia fatto poche vittime polmonari, ne ha fatte molte tra chi critica il manovratore, persino se è un comico: la giustizia birmana ha comminato l’11 giugno un totale di due anni di reclusione con lavori forzati a tre artisti di strada del gruppo Peacock Generation Thangyat, accusati di diffamazione e incitamento; ultimo atto di una lunga serie di imputazioni per aver deriso l’esercito.
La «scusa» del Covid ha favorito le sterzate autoritarie di cui Duterte si è servito per rafforzare i suoi poteri e regolare i conti: prima di tutto con la rete Abs-Cbn, colosso mediatico (in cui anche Maria ha lavorato) e a cui non è stata rinnovata la concessione a trasmettere, adesso con Ressa. Maria lascia a 10 anni il suo Paese per gli Usa (è nata nel 1963) dove la famiglia si trasferisce all’epoca della dittatura (1966-1986,) per far poi ritorno alle «radici» una volta defunto il regime di Ferdinando e Imelda Marcos.
Tornata nell’arcipelago, Maria – che ha studiato biologia – sceglie invece il giornalismo di cui dirà che le era sembrato incredibile che qualcuno potesse pagare le sue storie…Ma son storie buone: accumula incarichi e riconoscimenti come giornalista investigativa ed è a lungo a capo dell’Ufficio Cnn di Manila e di Giacarta. Ma nel 2012 non rinnova il contratto e crea il suo giornale online dopo un anno come sola pagina Fb. È un gruppo di dieci persone che lancia l’avventura che dev’essere anche un luogo per pensare e non solo per sapere.
L’acronimo è già un programma: Rappler, formato dalle parole rap (discutere) e ripple (creare onde). Ma nel 2013 a capo dello Stato arriva l’ex sindaco di Davao Rodrigo Duterte, un tipo che non le manda a dire. E Maria diventa subito un ostacolo perché anche lei è un osso duro. Per Rappler cominciano i guai e nel mirino c’è proprio lei. Ma incastrarla non sarà facile e Maria rischia di essere per Duterte più una grana che una vittoria.
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