Tutto sul contrasto al caro energia, con un approccio che Giorgetti definisce «prudente, realistico, sostenibile». In soldoni s’intende una trentina di miliardi: 23 nella legge di bilancio, 9,5 da spendere subito per rifinanziare le misure di Draghi e se possibile rafforzarle. I 23 miliardi, dopo il necessario voto a maggioranza qualificata del Parlamento, saranno ricavati da un deficit portato dal previsto 3,4% al 4,5%. Uno scostamento ma quasi indolore perché comunque il debito continua a scendere e questo è l’importante. Nelle prospettive del governo dovrebbe abbassarsi sino al 141,3% nel 2025 e nello stesso anno il deficit dovrebbe fermarsi al 3%.

I MILIARDI DISPONIBILI subito verranno invece dall’extragettito e dai risultati migliori del previsto dell’ultimo trimestre, con una crescita del 3,7%. Senza farsi illusioni sul futuro però. E Giorgetti, nella prima conferenza stampa da responsabile del Mef, non se ne fa. L’anno prossimo non si andrà oltre lo 0,5% e anche questa è un’ipotesi rosea. «Previsioni di macroeconomia in questo momento sono sempre incerte e noi siamo pronti a fronteggiare una recessione che potrebbe arrivare anche in Italia». Dire che il ministro considera la minaccia molto realistica è ancora poco.

A SORPRESA IL GOVERNO vara anche una misura drastica sull’energia, che verrà trasformata in emendamento al dl Aiuti in conversione: la ripresa delle trivellazioni marine con nuove concessioni e l’impegno a vendere a prezzo calmierato alle aziende gasivore, indicate per decreto, il gas proveniente dal fondale marino. Se nella legge di bilancio ci saranno ulteriori interventi dovrà deciderlo nelle prossime settimane il governo. In ogni caso, assicura la premier, andranno comunque reperiti all’interno dei 23 miliardi stanziati: dato il livello dell’emergenza energia avanzerà ben poco da destinare altrove.

Anche sull’eventuale «manutenzione» del reddito di cittadinanza e del Superbonus le decisioni verranno prese solo con la definizione della legge di bilancio. L’ipotesi in campo per il Rdc va molto oltre la manutenzione: se passasse la limitazione della platea a chi non è in grado di lavorare si tratterebbe di un reddito di carità più che di cittadinanza, stravolto e colpito al cuore nella sostanza. La presidente non è stata affatto rassicurante nella risposta a precisa domanda ma se davvero la cifra della manovra non andrà oltre i 23 miliardi ricavati dal nuovo deficit non dovrebbero esserci sforbiciate troppo drastiche. Si vedrà sin troppo presto.

La scelta del governo è politica, non solo economica. Puntare tutto sul caro bollette serve a dimostrare che per la maggioranza di destra «mitigare gli effetti del caro energia» e aiutare la popolazione è una priorità assoluta. Solo che i 30 miliardi «liberati» non possono bastare. Solo i sostegni costano 8 miliardi al mese e non è affatto detto che nei prossimi mesi le condizioni non peggiorino. Il prezzo del gas è calato ma le previsioni, segnala il pragmatico Giorgetti, non sono positive.

La premier coglie l’occasione per pungolare ancora la Ue, dopo averlo fatto di persona il giorno prima a Bruxelles: «Se il gas sta scendendo è perché la commissione si è impegnata a presentare un piano contro i costi dell’energia, anche disaccoppiando i prezzi dell’energia e del gas». Se l’impegno della Commissione si dimostrasse inutile o di utilità molto limitata, come è al momento prevedibile, gli effetti positivi si rovescerebbero nell’opposto.

CON URSULA VON DER LEYEN, la presidente italiana aveva messo sul tavolo un altro argomento: l’Ucraina. «Per mantenere il consenso delle popolazioni agli aiuti all’Ucraina è necessario il piano europeo contro il caro energia». Sintetica e desolante la replica: «Ci sono opposizioni da parte di alcuni Paesi». In particolare della Germania e si tratta di un’opposizione che equivale al potere di veto assoluto. Le cose vanno meglio quanto alla richiesta di rivedere il Pnrr alla luce dei rincari di materie prime ed energia. Su quel fronte la Ue non chiude le porte ed è un dato per l’Italia positivo. Ma la strada, nel 2023, sarà comunque una salita molto erta.