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Mannoia, «Le mie canzoni combattenti»Non ha mezze misure Fiorella Mannoia, da un tour di successo che più intimo non si può – in duo pianoforte e voce con Danilo Rea, alla pazza folla sanremese sulle onde di un brano sorprendentemente fuori dalle sue connotazioni stilistiche come Mariposa, che ha scritto insieme al marito – nonché produttore e direttore artistico Carlo Di Francesco che firma anche le musiche con Federica Abbate, Mattia Cerri e a Cheope. Atmosfere sudamericane per un testo denso di significato: «È un manifesto, che sottolinea l’orgoglio di essere donna, ma senza vittimismo. Un inno al femminile che racconta quello che siamo state, che siamo e che saremo», spiega l’artista capitolina. Mariposa nasce dalla visione di una serie televisiva: «Il grido delle farfalle, la storia delle tre sorelle dominicane Mirabal, attiviste che si battevano contro la dittatura e per questo trucidate il 25 novembre 1960, proclamata poi Giornata internazionale contro la violenza sulle donne». «Il ritmo del brano è gioioso, un mix di sound latini e pop, ma il contenuto è importante. Si parte dalla strega in cima al rogo per arrivare alle tante sfaccettature di ciascuna di noi». L’impegno e la leggerezza, il duetto domani sera con Francesco Gabbani

L’ULTIMA VOLTA a Sanremo sette anni fa, seconda con Che tu sia benedetta superata al fotofinish da Francesco Gabbani che si aggiudicò quell’edizione con Occidentali’s Karma. E che Fiorella ha scelto come partner – con molta ironia – nella serata delle cover in programma domani, dove proporranno proprio quei due brani in un curioso medley. Fra gli impegni futuri di Fiorella Mannoia, il concerto a Verona di Una nessuna centomila: «Il riferimento nella canzone ai concerti del 4 e 5 maggio a Verona non poteva mancare: è un impegno che ormai fa parte della mia vita». Un impegno che si inserisce in quello che viene definito il Sanremo delle donne. «Siamo tante e c’è una buona probabilità, a prescindere da me, che si possa avere un podio declinato al femminile. Anche se non credo che in passato ci siano stati dei pregiudizi nei confronti delle artiste al festival. Ma numericamente eravamo meno, oggi siamo cresciute e si vede».

TRENTASEI ANNI dopo Quello che le donne non dicono, Mariposa sembra – in qualche modo – un suo naturale proseguimento: «Sono ritornata a parlare di donne, anche in maniera specifica. Lì cantavo ’ti diremo ancora un altro sì’, oggi nei miei concerti sostituisco quel sì, con forse. Perché gli uomini devono imparare che un no detto da una donna è un no, in qualsiasi circostanza, in qualsiasi condizione. È un cambio culturale e di mentalità che dobbiamo fare tutti insieme». Il testo è fra i pochi che escono da cliché amorosi in un festival che punta al divertimento «puro». «Le canzoni le scelgo in base a quello che penso, no? E non posso scegliere testi che non sento miei, per cui devi essere te stessa».

NEI PEZZI di Fiorella Mannoia l’universo femminile appare spesso e volentieri, come sono cambiate le ragazze anche solo rispetto a trent’anni fa? «Le dinamiche sono sempre le stesse: le donne e le ragazze scambiano spesso la gelosia per amore, eh, anzi, si sentono a volte anche gratificate dalla gelosia, per carità un sentimento umano. Accade però che non riescono a distinguere quando la gelosia diventa ossessione. Credo che queste siano le dinamiche che portano sempre a questo tipo di epiloghi. Bisogna riconoscerli subito. Io appartengo una generazione per cui rispetto a quella delle nostre madri, le cose sono cambiate in meglio. È sicuro, però c’è tanto ancora da fare».