«Un vecchio motto popolare dice che non bisogna fasciarsi la testa prima di rompersela. Ecco, io credo che sia un motto più ottuso che lungimirante», dice Luigi Manconi. «Ritengo che invece che occorra fasciarsela prima la testa: è un modo per organizzarsi davanti alle sfide del futuro e trovare soluzioni anche all’ultimo minuto per evitare il disastro.

Si riferisce alle divisioni dei progressisti alle regionali del Lazio?

Condivido il pensiero che il collega sociologo Domenico De Masi ha espresso ieri al vostro giornale. Un ragionamento molto saggio sull’opportunità di riaprire i giochi e costruire un’alleanza competitiva.

Per non regalare la regione a Meloni.

Non si tratta solo di impedire l’ennesimo trionfo della destra, ma anche di un modo per affrontare il nodo cruciale del conflitto politico e sociale di questa fase. E cioè sanità e istruzione, i due pilastri del welfare, indispensabili se si vogliono combattere le diseguaglianze. Credo che l’assessore D’Amato abbia governato molto bene la sanità regionale durante la pandemia, con intelligenza e senza alcuna forzatura restittiva o tentazione autoritaria. Mi pare prioritario che questa esperienza venga rilanciata e rafforzata.

I 5 stelle sembrano orientati a correre da soli.

Su una battaglia del genere a difesa della sanità pubblica serve una coalizione ampia, dai 5 stelle al terzo polo. Inviterei tutte queste forze ad evitare posizioni ideologiche o esclusioni preventive, e a concentrarsi sui programmi.

Finora non è successo.

Le ultime ore che restano prima della presentazione delle liste sono sufficienti per accordarsi su pochi e chiari punti di programma che abbiano al centro il welfare.

Veramente Calenda ha detto che è pronto a lasciare la coalizione se arriva il M5S.

Se vorrà prendersi questa responsabilità è libero di farlo. Ma va certamente coinvolto nella stesura di un programma comune. Anche i 5 stelle dovrebbero evitare di dire che con Calenda non si può discutere, che la sua presenza è un ostacolo insormontabile. Mi pare un modo burocratico di fare politica.

Il Movimento vede nel termovalorizzatore di Roma un ostacolo insormontabile.

Capisco che possa apparire come una questione dirimente, ma tutti i soggetti sono chiamati a prendere una decisione: la difesa intransigente di una posizione assoluta prevale sulla prospettiva di una vittoria del centrosinistra in una regione cruciale?

Conte e i suoi dicono che il Pd li ha ignorati, salvo poi chiedere loro di accodarsi a cose fatte.

Non nego che anche il Pd abbia commesso errori, ma non è questo il momento per attardarsi sui rotroscena delle ultime settimane. Si tratta di decidere in poche ore se ricostruire una relazione che appare compromessa o lasciare le cose come stanno. Guardi, non sono di quelli che grida alla possibile vittoria del fascismo, o che accusa qualcuno di voler essere complice di Fdi. Segnalo però che si rinuncerebbe a una battaglia cruciale sui temi del welfare in una regione di primaria importanza.

Auspica un ticket tra D’Amato a la 5 stelle Donatella Bianchi?

Mi pare ragionevole, visti anche gli indubbi meriti di D’Amato in questi anni difficili. L’importante è muoversi, abbandonando presidi ideologici e casematte. Se c’è una volontà sincera da parte dei vari interlocutori il tempo a disposizione è sufficiente.

Perchè i 5 stelle sono attratti dalla corsa solitaria?

Per la volontà di affermare la loro identità in un periodo di ricostruzione sia della loro immagine che della struttura interna, dopo le molte e tormentate vicende. Non stupisce che in questo momento di grande forza della destra scatti una competizione feroce nell’altro campo. Ma ripeto: il Lazio mertita una sforzo in più da parte di tutti.