Ancora una volta si ferma il teatro dell’Odéon di Parigi. Il contesto è sicuramente cambiato rispetto alla primavera del 2021, quando lo storico luogo di rappresentazione divenne l’epicentro di un’ondata di occupazioni in tutta la Francia. I teatri erano chiusi a causa della pandemia e i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo chiedevano garanzie, oltre a manifestare per un’indennità di disoccupazione che si stava assottigliando. Occupazione fu anche nel 2016, quando l’obiettivo delle proteste era la riforma del lavoro. Ormai remota, ma non dimenticata, l’occupazione del ’68, ad opera dei movimenti del maggio francese. Anche oggi, seppur in altra forma, la protesta è legata a doppio filo alla fase che stiamo attraversando, rendendo il teatro ancora una volta un luogo chiave delle tensioni presenti nella società.

LE ATTIVITÀ sono ormai bloccate da dieci giorni a causa del mancato accordo tra sindacati e direzione in merito alla rinegoziazione annuale dei salari. Force Ouvrière e la CGT chiedono un aumento del 7% per tutti i 120 dipendenti del teatro, una cifra che si ritiene possa tener conto della forte inflazione in atto, ma che per il momento non è stata accordata.
Candice Wehner, rappresentante sindacale della CGT, amplia il quadro della rivendicazione nel suo intervento a «Le Monde»: «Da diversi anni, il bilancio dell’Odéon non è affatto all’altezza della perdita del potere d’acquisto legata all’inflazione e alla svalutazione della scala salariale. Non è colpa della direzione, ma spetta a loro battersi per la rivalutazione degli stipendi dei propri dipendenti, spingendo per un aumento dei finanziamenti».

NON È TARDATA ad arrivare la replica del teatro, attraverso le parole dell’amministratrice Patricia Stibbe: «In un contesto di inflazione, comprendiamo le aspettative dei dipendenti, ma non possiamo soddisfarle del tutto. Abbiamo proposto diversi scenari che consentirebbero aumenti salariali più elevati rispetto agli anni precedenti. Nessuno di questi ha finora raggiunto il consenso».
Gli spettacoli che al momento sono stati penalizzati dallo sciopero sono due: Jours de joie di Arne Lygre, diretto da Stéphane Braunschweig, e Dans la mesure de l’impossible, scritto e diretto Tiago Rodrigues. A partire dallo scorso 30 settembre sono andati in scena solamente la domenica, gli altri giorni i dipendenti si sono astenuti dall’attività lavorativa dalle 20.30 alle 21.29, rendendo impossibile lo svolgimento delle rappresentazioni. La perdita della biglietteria è stimata a 200mila euro. Le ultime due repliche di oggi e domani, è stato deciso, saranno assicurate.
I prossimi spettacoli in cartellone sono previsti per l’inizio di novembre, da entrambe le parti ci si augura che per allora la questione sarà stata in qualche modo dipanata.