«Mai un evento sismico così forte in Marocco, il precedente negli anni ’60»
Carlo Meletti, sismologo dell’Ingv «Studiando i dati storici è possibile verificare che in pochi casi si è raggiunta una magnitudo come quella dell’altra notte. Non si era preparati a un evento del genere nella zona dell’Atlante, dove i terremoti non sono molto frequenti»
Carlo Meletti, sismologo dell’Ingv «Studiando i dati storici è possibile verificare che in pochi casi si è raggiunta una magnitudo come quella dell’altra notte. Non si era preparati a un evento del genere nella zona dell’Atlante, dove i terremoti non sono molto frequenti»
Anche in Italia nella notte tra venerdì e sabato sono arrivate le onde del terribile terremoto dell’Atlante, «movimenti molto lenti, percepite solo dalle stazioni fisiche» spiega il dottor Carlo Meletti, sismologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).
Di che tipo di evento si è trattato?
Il terremoto è stato con tutta probabilità uno dei più forti mai verificati in Marocco, perché studiando i dati storici che sono a disposizione è possibile verificare che in pochi casi si è raggiunta una magnitudo come quella dell’altra notte. In più, probabilmente non si era preparati a un evento del genere nella zona dell’Atlante. Il Paese nordafricano ha in effetti due zone ad alta sismicità, quindi con terremoti frequenti, ma sono nella parte Mediterranea, nel Nord del Paese, dove c’è un sismicità molto frequente come in Algeria e in Tunisia. In questo caso, invece, ha interessato una zona montuosa, con cime che raggiungono diverse migliaia di metri d’altezza, che dall’Algeria taglia in due il Marocco, passando vicino alla città di Marrakesh e proseguendo verso l’Oceano Atlantico. Una catena montuosa che si è formata per la spinta della placca africana: il continente africano infatti spinge verso Nord, verso la placca euro-asiatica, e le catena montuose nascono quando una placca si scontra contro l’altra.
L’Atlante, con questa storia geologica, non è zona sismica?
In questa zone i terremoti non sono molto frequenti, anche se c’è un caso, quello di Agadir, avvenuto sempre lungo l’Atlante ma più verso l’Oceano, che nel 1960 ha completamente raso al suolo la città, facendo 15mila morti. Il terremoto della notte tra l’8 e il 9 settembre ha riguardato lo stesso asse.
Esiste un possibile meccanismo di adattamento legato ai tempi di ritorno di un evento del genere?
I dati del passato ci potrebbero permettere di fare una stima, ma sono molto scarsi. Bisognerebbe avere archivi storici che coprono periodi lunghi. Quel che è certo è che l’Atlante non ha la stessa pericolosità sismica del Nord del Paese. Anche se ogni terremoto è un evento istantaneo, sui terremoti i tempi sono molto lunghi, sono processi che vanno avanti da decine di migliaia di anni, non collegati ad altri fattori esterni. Si fanno sempre stime probabilistiche, che nel caso del Marocco ci dicono che il Nord ha una pericolosità più elevata. Ma se si comprime una certa zona, a volte si rompe da una parte, a volte altrove, quindi il terremoto può avvenire lungo l’Atlante anche se più spesso interessa la costa del Mediterraneo.
Un dato che noi sappiamo, per l’Italia, dove sono stati fatti anche studi sociologici, è che quando una zona non viene interessata da terremoti dopo 50 anni perde la memoria del terremoto. È successo anche a L’Aquila: nel 2009 molte persone hanno affermato di non sapere di vivere in zone sismiche, e l’ultimo terremoto precedente di una lunga serie era avvenuto nel 1950. Probabilmente anche in un’area dove l’ultimo terremoto c’era stato nel 1960, quello di Agadir, non c’era consapevolezza. In Emilia, nel 2012, l’evento fu inatteso: l’ultimo terremoto era stato 500 anni prima.
Adesso cosa potrebbe accadere?
I terremoti effettivamente possono a loro volte innescare altri terremoti vicini, a distanza di qualche decina di chilometri. In Emilia, ad esempio, ce ne fu uno il 20 maggio e un altro il 29 maggio, dopo 9 giorni, più o meno della stessa magnitudo. Si ruppe un altro pezzo di faglia attiguo. È effetto domino, che noi chiamiamo interazione tra faglie.
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