Maggioranza in tilt al senato
In commissione bilancio Forza Italia in fermento, mossa di Lotito, due senatori assenti e pareri sugli emendamenti della relatrice al decreto lavoro bocciati. Aula bloccata per ore, poi si riparte. Ancora un testo in ritardo e modificato all'ultimo, malgrado i richiami di Mattarella
In commissione bilancio Forza Italia in fermento, mossa di Lotito, due senatori assenti e pareri sugli emendamenti della relatrice al decreto lavoro bocciati. Aula bloccata per ore, poi si riparte. Ancora un testo in ritardo e modificato all'ultimo, malgrado i richiami di Mattarella
«Ma no, tutto è nato perché c’era un cocktail di compleanno…», assicura a metà pomeriggio il presidente Ignazio La Russa in quello che vorrebbe essere un tentativo di sminuire l’incidente. Andato in scena poco prima delle 14:00 in commissione bilancio, al senato, dove si votava un parere sugli emendamenti all’ennesimo decreto legge in affanno con i tempi, il decreto lavoro (quello del Consiglio dei ministri nella data simbolo del 1 maggio). In realtà l’esame del testo era già passato all’aula, ma alle 13:00 era stato interrotto perché bisognava tornare in commissione avendo la relatrice presentato nuovi emendamenti all’ultimo minuto. Tutto questo per un decreto che languiva in commissione da un mese e mezzo: proprio la tecnica legislativa (decreti trasformati in omnibus da emendamenti tardivi) che il presidente della Repubblica ha censurato.
Prassi, anche se pessima prassi. Ma stavolta per la fretta tutto è andato storto per la maggioranza. Perché quando il presidente della commissione, di Fratelli d’Italia, ha chiamato il voto – velocemente, l’aula era stata appunto sospesa e aspettava di riprendere, in più il decreto è in ritardo – si è accorto che mancavano i due rappresentanti di Forza Italia. Risultato 10 a 10, inutile per il presidente partecipare (irritualmente) al voto: pareri sugli emendamenti non approvati e provvedimento bloccato.
Malgrado la maggioranza abbia al senato, come alla camera, un margine molto ampio, reso più ampio dal premio in seggi nascosto nella legge elettorale, incidenti del genere non sono improbabili dopo il taglio dei parlamentari. Nelle commissioni il margine per il centrodestra ormai è sempre ridotto, uno o due voti. Stavolta non c’erano i due berlusconiani, Lotito e Damiani. Automatico pensare a un segnale mandato dai neo orfani di Forza Italia agli alleati. Versioni più malevole parlano di un avvertimento in codice proprio di Lotito che gioca sempre su più tavoli che hanno per interlocutore il governo, quello dei soliti diritti tv (è in discussione sempre al senato la legge anti pirateria) e quello dello stadio della Lazio. Le cronache di agenzia riferiscono che qualcuno ha persino sentito il senatore-presidente rivendicare la mossa: «È solo l’inizio».
I due protagonisti naturalmente negano tutto, Lotito ne fa un problema di comunicazioni, «dovevamo scendere a una certa ora e siamo scesi, se hanno votato prima non lo so». Damiani intervenendo in aula giura: «Quello che è accaduto in commissione dal punto di vista politico non ha alcuna rilevanza. Questa mattina avevamo un impegno di gruppo che è ritardato di soli quindici minuti». Ieri Damiani compiva gli anni e «l’impegno di gruppo» sarebbe appunto il «cocktail di compleanno» di cui parla La Russa.
Il presidente del senato aggiunge anche di aver fatto «un richiamo generale sia ai gruppi che ai rappresentanti del governo per trovare dei modi per cui non si debba sempre arrivare con l’acqua alla gola sugli emendamenti e sui tempi». Non sono passati che pochi giorni da quando il ministro per i rapporti con il parlamento si era rivolto via mail a tutti i colleghi di governo per richiamarli alla disciplina parlamentare, avvertendo che Meloni avrebbe ricevuto un rapporto sui buoni e i cattivi. «La presidente del Consiglio è informata di quanto sta accadendo», fa sapere dopo il patatrac il capogruppo di FdI, Malan.
La maggioranza prova a far finta di niente, immaginando di votare di nuovo in commissione, stavolta a ranghi completi, pareri leggermente diversi. Ma non si può, perché se gli emendamenti non cambiano, neanche i pareri possono mutare. Allora la relatrice è costretta a cambiare un po’ anche le proposte. Già il fondo per le famiglie dei lavoratori vittime di gravi incidenti era stato – di fronte alle proteste per il taglio – ripianato, entrano anche alcune richieste delle opposizioni come la rinuncia a un extra budget per la comunicazione di palazzo Chigi e un aumento dell’assegno di inclusione. In serata si riprende finalmente a votare nell’aula del senato, tutte le opposizioni parlano di «maggioranza allo sbando», si va avanti fino alle 21 ma non si riesce a chiudere. Un altro decreto in ritardo: è in prima lettura e scade tra dieci giorni. Serviranno ancora fiducie. Ma anche questa è prassi.
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