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Maduro giura. Ed è subito sanzione

Maduro giura. Ed è subito sanzioneVia al secondo mandato presidenziale: Maduro all’inaugurazione con la moglie Cilia Flores e il presidente dell’Alta Corte Maikel Moreno – Afp

America latina Ieri il presidente venezuelano ha inaugurato il secondo mandato e invitato i paesi vicini al dialogo. Ma il fronte a guida Usa inizia già a boicottare: Stati uniti, Canada e undici paesi della regione pronti a usare la forza

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 11 gennaio 2019

«Giuro in nome del popolo venezuelano, in nome del lascito politico di Simon Bolivar e del comandante Hugo Chávez». Poco prima delle undici di ieri mattina nella sede del Tribunale supremo di giustizia, Nicolás Maduro Moro ha ufficialmente iniziato il suo secondo mandato di sei anni come presidente costituzionale del Venezuela.

Lo ha fatto in pompa magna, in uno scenario accuratamente preparato per dimostrare che i rappresentanti dell’intero paese, della società civile, politica e militare, erano stretti attorno a lui mentre l’orchestra e il coro giovanile metropolitani eseguivano l’inno nazionale «Gloria al bravo pueblo».

Come pure erano presenti i rappresentanti di quella parte del mondo che appoggiano il governo bolivariano contro quella che Maduro ha definito «la guerra mondiale» scatenata da anni contro il Venezuela «chavista» dagli Stati uniti e dai loro alleati, in Europa e in America latina.

Punta di lancia di questa solidarietà erano i presidenti di Cuba, Bolivia, Nicaragua e Salvador, ovvero il nucleo duro dell’originale Alleanza bolivariana, dalla quale l’anno scorso ha defezionato il presidente dell’Ecuador, Lenin Moreno.

Questo scenario doveva essere funzionale a quello che Maduro ha definito un atto di presa del potere che «invia un messaggio di pace», sia all’interno del paese nei confronti di un’opposizione tanto belligerante quanto divisa, sia verso un vasto schieramento guidato dagli Stati uniti, che coinvolge l’Ue e undici paesi dell’America latina nel denunciare i risultati delle elezioni presidenziali venezuelane del 20 maggio dello scorso anno perché «non conformi agli standard democratici».

Un fronte che non riconosce la costituzionalità del secondo mandato presidenziale di Maduro e che ha deciso durissime misure di boicottaggio. Il presidente ha ricordato che – unico paese al mondo – in Venezuela negli ultimi 16 mesi sono state organizzate ben cinque elezioni (per l’Assemblea nazionale costituente, i governatori, i sindaci, il presidente e infine, lo scorso dicembre, i consigli comunali), tutte con la partecipazione di osservatori internazionali e aperte all’opposizione.

Da ieri almeno undici paesi dell’America latina, assieme a Canada e Stati uniti inizieranno un’escalation di misure di boicottaggio che prevede il divieto di ingresso nei loro territori di «alti funzionari» del Venezuela, iniziando dal presidente Maduro e dalla moglie, e in un prossimo futuro anche la rottura delle relazioni commerciali e diplomatiche. Brasile, Colombia, Argentina, Cile e Perù oltre al Canada si sono uniti agli Usa nell’applicare le sanzioni.

Il ministro degli Esteri colombiano, Carlos Holmes Trujillo, ha incitato anche «altre nazioni» a prendere tali misure, alle quali, del Gruppo di Lima, si è sottratto solo il Messico per volontà del neo presidente Andrés Manuel López Obrador in nome «della tradizione di non ingerenza negli affari interni di altre nazioni che ha caratterizzato la diplomazia messicana». E infatti ieri una delegazione messicana era presente alla toma di potere di Maduro. Fino a oggi però solo un paese, il Paraguay, ha rotto le relazioni con Caracas.

Le minacce lanciate dal potente fronte guidato dagli Usa possono essere ben più drammatiche e prevedere azioni di forza «per ristabilire la democrazia in Venezuela», invocando le famigerate «guerre umanitarie» i cui effetti ancora durano in Kosovo e soprattutto in Libia.

Minacce che potrebbero concretizzarsi qualora il Frente amplio Venezuela libre dell’opposizione o Juan Guaidó, presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela – dal 2017 privata di ogni potere dal Tribunale supremo di giustizia – cedano alle pressioni di Washington e ribadiscano di non riconoscere Maduro come presidente costituzionale, formando un governo di opposizione.

Per questa ragione, oltre a ripetere l’offerta di dialogo all’opposizione, Maduro ha lanciato la proposta di un vertice dei presidenti dei paesi di America latina e Caribe per «sentire la voce del Venezuela» e trovare «la via del dialogo e della trattativa» per risolvere i contenziosi politici e «ridar vita al processo di integrazione» del sub continente latinoamericano.

Un tentativo insomma di disinnescare una situazione assai pericolosa che può anche sboccare in un conflitto armato. Maduro si è specificamente rivolto all’Ue chiedendo di abbandonare questa via – sostanzialmente neocoloniale – che mette anche in pericolo gli interessi commerciali ed economici dei paesi europei.

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