Europa

Macron trema, domani il voto sulla sfiducia

Macron trema, domani il voto sulla sfiducia

Francia La destra di Lr «riflette» sulla mozione del gruppo Liot. Altri scioperi e manifestazioni. La prefettura di Parigi «chiude» la Concorde. Critiche alla premier Borne dalla maggioranza. Fermati due giornalisti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 marzo 2023

Fare «azioni visibili» nel week-end, come ha suggerito la Cgt, per mantenere la pressione e non perdere terreno in attesa del voto delle mozioni di censura (sfiducia al governo) lunedì all’Assemblée nationale e in vista della nona giornata di proteste sindacali, prevista per giovedì 23: ieri a Parigi c’è stata una breve occupazione delle Halles, il centro commerciale sotto la Canopée nel cuore di Parigi, a Marsiglia un gruppo ha invaso la stazione Saint-Charles, manifestazioni a Nantes, Lione, Brest e altre città, mentre la raffineria Total in Normandia è ferma, l’immondizia continua a rimanere nelle strade della capitale e gli scioperi continuano a bassa intensità nei trasporti.

UNA MANIFESTAZIONE È STATA organizzata in place d’Italie, mentre la Prefettura ha proibito la riunione alla Concorde, la piazza di fronte all’Assemblée nationale al di là della Senna, diventata da giovedi il centro della protesta spontanea dopo la scelta del governo di ricorrere al 49.3 per far passare la riforma delle pensioni scavalcando il voto del parlamento. Alla Concorde da giovedì ci sono stati momenti di tensione nelle manifestazioni serali, «a causa di seri rischi di disordini e di sicurezza, qualsiasi riunione pubblica in place de la Concorde e vicinanze, così come nel settore dell’avenue dei Champs Elysées, è proibita», scrive il decreto della Prefettura. Il sindacato dei giornalisti ha denunciato ieri «un grave attacco alla libertà di stampa»: due giornalisti erano ancora ieri pomeriggio in stato di fermo dopo essere stati arrestati venerdì sera alla Concorde. Le manifestazioni spontanee si moltiplicano contro la riforma che alza l’età della pensione da 62 a 64 anni, ma anche più in generale contro un governo che non ha saputo ascoltare i cittadini, più del 70% contrari alla nuova legge. Alle Halles è stato riesumato lo slogan-simbolo dei gilet gialli: «Siamo qui», accanto a «Parigi, in piedi, sollevati», «Ci siamo battuti per avere la pensione a 60 anni, ci batteremo per conservarla».

IL POTERE VACILLA DI FRONTE alla radicalizzazione della protesta, che ormai va al di là della contestazione della riforma delle pensioni e che sfugge al controllo dei sindacati dopo il 49.3, che ha rappresentato una svolta. Lo scossone nel mondo politico ormai tocca anche la maggioranza di Macron. Un deputato del MoDem, Richard Ramos, ha chiesto le dimissioni di Elisabeth Borne e si è sfogato, chiedendo un governo con «ministri capaci di ascoltare la popolazione francese e non una banda di arroganti che spiegano ai francesi perché sono idioti mentre loro hanno sempre ragione». Nel pomeriggio di lunedì ci sarà il voto sulle due mozioni di censura presentate all’Assemblée nationale, una del Rassemblement national che non ha nessuna possibilità, mentre quella del gruppo Liot (Libertà e Territori), firmata da deputati della Nupes, benché sulla carta non abbia i numeri per far cadere il governo (anche con l’apporto dei voti dell’estrema estrema), potrà contare sui ribelli di Lr (destra classica).

AURÉLIEN PRADIÉ, GIOVANE deputato della fronda dei républicains, ha affermato ieri che un voto a favore della mozione della Liot «merita riflessione» (sarebbero necessari circa 30 voti Lr per far cadere il governo, o anche meno se ci saranno astensioni anche nella maggioranza). L’Eliseo riflette su come uscire dalla crisi. Un intervento tv di Macron è allo studio, alla conclusione dell’iter in parlamento, sempre che le violenze di piazza non degenerino, precisano nell’entourage del presidente. Ma per dire cosa? Macron è convinto che «l’abbondanza è finita», che i 3mila miliardi di debito della Francia pesano sugli equilibri futuri, mentre i cittadini, soprattutto le classi popolari, chiedono perché a pagare devono essere i più poveri e non i ricchi e le imprese, che godono di molti sgravi e aiuti.

A PARIGI, LA SINDACA Anne Hidalgo, che difende la protesta, sostiene che la pattumiera «è stabilizzata», cioè restano 10 tonnellate di immondizia nelle strade, ma non aumentano, grazie all’intervento di un’impresa privata. A Lione, dove è stato preso d’assalto il comune del quarto arrondissement, la destra (che governa la regione) attacca il sindaco écolo, Grégory Doucet: «Non può da un lato spingere alla disobbedienza civile e dall’altro condannare la violenza dell’estrema sinistra».

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