Macabro mare di Libia
Migranti Ieri l’ennesimo naufragio al largo di Garabulli, decine le vittime. Chi si salva finisce nei centri gestiti dalle milizie
Migranti Ieri l’ennesimo naufragio al largo di Garabulli, decine le vittime. Chi si salva finisce nei centri gestiti dalle milizie
I corpi di 31 migranti annegati sono stati recuperati ieri mattina al largo di Garabulli, a 60 chilometri da Tripoli, ma potrebbero esserci molte altre vittime. La Guardia costiera libica ha intercettato il gommone semiaffondato: erano oltre un centinaio alla partenza, sono sopravvissuti in 44, 40 i dispersi. In cattive condizioni fisiche, sono stati riportati a Tripoli: «Quando la pattuglia è arrivata sono stati individuati decine di corpi – dice il funzionario della guardia costiera Abu-Ajela Ammar -. Le prime informazioni indicano che la barca è affondata per sovraffollamento».
NEL TRAGITTO DI RITORNO è stato intercettato un altro gommone con 120 migranti, anche il secondo gruppo è stato riportato in Libia. Sulla pagina Facebook della Guardia costiera sono state poi postate le foto dei sacchi bianchi con i corpi e la macabra didascalia: «Cadaveri divorati dagli squali durante le operazioni di salvataggio». La marina libica, tra giovedì e venerdì, aveva già bloccato 326 naufraghi, a circa venti miglia dalle spiagge di Al Hamza e Bulali. Chi viene riportato indietro finisce nei centri di raccolta gestiti da Tripoli e dalle milizie. Secondo l’Oim sono stati oltre 161mila i migranti arrivati in Europa nel 2017, circa 3mila sono scomparsi in mare.
IERI LA NAVE ACQUARIUS dell’Ong Sos Méditerranée ha soccorso un barcone con 400 persone. Tra mercoledì e giovedì ne aveva messi in salvo 387. Mercoledì una camerunense ha raccontato: «Il mio bambino ha un anno e mezzo, è nato nel deserto del Niger. In Libia siamo stati in prigione per 5 mesi a Sabratha con il bambino. Una donna è morta dopo aver partorito, il cordone era stato tagliato col filo perché non c’è niente: niente medicine, niente cure. Non ci si poteva lavare. Ci mettevano droga nel cibo, l’acqua non era potabile».
Sono ancora le donne a spiegare: «La tratta dei neri esiste in Libia. In Libia tutti sono armati, anche i bambini. Si sentono spari dappertutto. Prendono le donne, le imprigionano, le torturano, ti spogliano e ti perquisiscono. Gli uomini e i bambini vengono sodomizzati. Spezzavano le dita alle ragazze chiudendole nelle porte. I trafficanti ci hanno spinto in mare dicendoci “andate a morire nel Mediterraneo”».
GIOVEDÌ l’Aquarius ha raggiunto un’imbarcazione in pericolo, le operazioni però erano state assegnate alla Guardia costiera libica che sul posto non c’era, i volontari si sono dovuti fermare e attendere: «Quasi due ore dopo abbiamo potuto lanciare le scialuppe di salvataggio – ha spiegato Nick Romaniuk, vicecoordinatore dei soccorsi -. Questa lunga attesa ha suscitato una grande angoscia a bordo del gommone in difficoltà. I naufraghi erano molto agitati». A bordo c’era il corpo senza vita di una donna, deceduta alla partenza dalle coste libiche: qualche giorno prima aveva dato alla luce un bambino nato morto, le complicazioni del parto le sono state fatali.
UN BAMBINO AFGHANO di dieci anni è morto venerdì in un barcone al largo dell’isola di Lesbo, mentre in 65 sono stati salvati. Era con la famiglia su un’imbarcazione che dalla Turchia doveva portarli in Grecia ma è stato calpestato dagli altri passeggeri in preda al panico, dopo aver avvistato una nave della Guardia costiera greca: i migranti hanno creduto fosse la marina turca e temevano di essere riportati in quel paese.
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