Ma la nuova crisi divide la Spagna
Porte aperte a sessanta profughi Tra accoglienza e respingimenti. Sánchez tratta con Bruxelles ma ignora l’asilo
Porte aperte a sessanta profughi Tra accoglienza e respingimenti. Sánchez tratta con Bruxelles ma ignora l’asilo
La Spagna accoglierà 60 dei 141 migranti sull’Aquarius. La notizia è arrivata nel primo pomeriggio di ieri, dopo che l’opposizione, soprattutto il Pp, aveva attaccato il governo Sánchez per la gestione della nuova vicenda Aquarius. In un primo momento l’esecutivo spagnolo aveva sostenuto di non essere «il porto sicuro più vicino», il che naturalmente è vero, ma non lo era neppure nel caso della prima emergenza Aquarius. Anche se in quel caso si parlava di più di 600 persone (la capacità della nave era di 500), e stavolta sono solo 141. Invece sembra che Sánchez stesse lavorando a Bruxelles per una soluzione condivisa, simile a quella presa in altri casi, per cui saranno sei paesi (fra cui Spagna, Portogallo e Francia) ad accogliere i migranti alla deriva. Il ministro degli interni portoghese Cabrita (il Portogallo ne accoglierà 30) ha comunque ricordato l’ovvietà che è necessaria una «soluzione stabile a livello europeo» per evitare soluzioni ad hoc per ogni barca alla deriva nel Mediterraneo.
Certo è che apparentemente l’approccio del governo socialista sembra passare per Bruxelles e che con i gesti delle ultime settimane è riuscito ad ottenere la solidarietà di altri paesi molto più che con l’approccio muscolare di Matteo Salvini.
Il tema migrazione sta comunque scaldando sempre più gli animi in Spagna. Dalla Catalogna sono arrivate pressioni molto forti verso Madrid: dopo l’appello al governo della seconda vicesindaca di Barcellona Laia Ortiz, facente le funzioni di sindaca durante l’assenza di Ada Colau e del suo numero due Gerardo Pisarello, che offriva ancora una volta il porto di Barcellona, è arrivata anche la presa di posizione del presidente catalano Quim Torra, che offriva polemicamente i piccoli porti che gestisce direttamente la Generalitat catalana. Nel caso la nave avesse davvero attraccato lì si sarebbe creato un ulteriore caso di conflitto di competenze con Madrid, perché l’immigrazione (e quindi la gestione delle pratiche per i migranti) è comunque di competenza del ministero degli interni spagnolo.
In assenza del leader Pablo Iglesias e della numero due, la sua compagna Irene Montero, entrambi fuori dall’arena politica dopo la nascita prematura dei loro gemelli all’inizio dell’estate, e nell’assenza agostana dei principali leader, a parlare è l’ex capo di stato maggiore e leader del partito a Madrid Julio Rodríguez, che chiede «un protocollo trasparente e uniforme e non arbitrario», come ha detto in un’intervista.
Intanto, anche l’Andalusia reclama la solidarietà delle altre comunità autonome e del governo centrale. Dopo un breve rallentamento nel flusso degli arrivi, con il calmarsi del vento sulle coste andaluse ricominciano ad arrivare al ritmo di 500 persone al giorno. Da gennaio fino a fine luglio sono arrivate più di 21mila persone su decine di precari gommoni: il triplo che nello stesso periodo nel 2017 e il 40% di tutti gli arrivi europei attraverso il Mediterraneo. Fra loro, migliaia di minori (fino al 31 luglio erano più di 3700), per i quali esiste un protocollo di protezione particolare. La Giunta andalusa vorrebbe che le altre comunità se li ripartissero.
Criticatissima anche da ong e da sinistra è la decisione di Madrid di mantenere le argomentazioni del partito popolare nella causa aperta dal Tribunale di Strasburgo contro la Spagna per i cosiddetti casi di «restituzione a caldo» dei migranti sulla linea di frontiera delle enclavi di Ceuta e Melilla. Se nel 2015 il Psoe ricorreva al Tribunale Costituzionale (che ancora non si è espresso) la norma del Pp che permette di rimandare indietro i migranti che superano la frontiera senza permettere loro di chiedere asilo politico, oggi l’Avvocatura dello stato abbraccia le motivazioni dei ministri degli interni popolari: non si tratta di «espulsione» ma di «prevenzione di ingresso» perché i migranti non avrebbero superato la linea di frontiera. A luglio si sono verificati le prime 27 espulsioni alla frontiera dell’era Sánchez con questa modalità, riprendendo una tradizione già inaugurata nell’era Zapatero e ampliata e difesa dal governo Rajoy.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento