L’uomo forte al comando con i suoi «supergenius»
Potere assoluto Neo-capitalismo tecnologico e nazional-populismo regressivo, la sinergia vincente del 47mo presidente
Potere assoluto Neo-capitalismo tecnologico e nazional-populismo regressivo, la sinergia vincente del 47mo presidente
Anche prima della telefonata di congratulazioni di Kamala Harris a Donald Trump, giunta infine ieri sera, l’indice Dow Jones si era impennato di mille punti, il commento inequivocabile della finanza sul ritorno dell’”uomo forte” al comando. Il capitale è agnostico e aveva scommesso ugualmente sui Democratici – ma la vittoria di Trump ha siglato in modo molto pubblico la sinergia fra neo-capitalismo tecnologico e nazional-populismo regressivo.
«DOBBIAMO PROTEGGERE i nostri supergenius!» ha detto Trump di Elon Musk, dal palco della vittoria. Alla categoria appartengono presumibilmente anche figure come Peter Thiel, sponsor garante del vice JD Vance e l’uomo che ha sentenziato: «La democrazia non è più compatibile con la libertà».
L’investimento del più militante fra i monopolisti di Silicon Valley si è rivelato fruttifero, come anche la conversione della piattaforma “X” in canale di disinformazione strumentale all’azzeramento di quella realtà condivisa che è presupposto del dialogo democratico.
Non è difficile prevedere la fine dei processi antitrust intentati dall’amministrazione Biden a Google e Amazon, mentre per Musk è pronta una carica di «ministro ombra». Né i fattori economici, né l’alta finanza, né l’esautorazione della middle class sono sufficienti a spiegare l’accaduto: gli Stati uniti si sono uniti, e ora guidano il riflusso delle destre nazional-populiste in Occidente.
«DIO MI HA RISPARMIATO la vita per una ragione, per salvare l’America», ha detto Trump. «Ora lotterò per voi con ogni mio respiro», ha proseguito, «non avrò riposo finché non vi avrò consegnato l’America prosperosa che voi e i vostri figli meritate. Sarà l’età dell’oro del nostro paese».
Ad ascoltarlo in Florida c’erano anche illustri ospiti stranieri come Nigel Farage e Eduardo Bolsonaro, anticipo delle alleanze globali che segneranno la seconda presidenza Trump. Con sollievo dei Milei, Putin, Bin Salman e Netanyahu che da oggi hanno la controparte desiderata nello studio ovale. Alla festa c’era poi lo speaker della Camera, Mike Johnson, alleato di ferro in rappresentanza dell’altra colonna portante della coalizione reazionaria dei Maga, gli integralisti evangelici.
CON IL SECONDO MANDATO Trump, la destra cristiana intravede il traguardo inseguito da oltre 40 anni, il completamento del progetto di egemonia “culturale” destinato a cancellare le «aberrazioni liberal» nate negli anni 60 e ripristinare un’immaginata predestinazione nazionale, molto bianca e religiosa. Il paese ha avuto rigurgiti simili nella sua storia, ma mai la stessa opportunità di dirottare l’esperimento americano in chiave così fanatica. L’analogo più stretto rischia di diventare la deriva oltranzista e teocratica avvenuta in Israele, e già incubata nei laboratori degli “stati rossi”.
In più, Donald Trump si insidierà a gennaio con un Senato e (forse) una Camera in mano ai repubblicani e con il mandato del voto popolare. Senza contare la super maggioranza della Corte suprema che gli ha preventivamente accordato una immunità completa senza precedenti costituzionali. Nel prossimo mandato non si intravedono davvero limiti o freni alla sua autorità.
SARÀ UN’AMMINISTRAZIONE più agguerrita, più organizzata, decisa ed efficiente nell’implementare un programma radicale, quello stilato dalla integralista Heritage Foundation nel Project 2025 per rifare l’America a immagine e somiglianze delle correnti integraliste e radicalmente conservatrici che animano il movimento Maga. Un elemento decisivo sarà lo «smantellamento dello stato amministrativo» dettagliato dal Project 2025, il licenziamento degli impiegati pubblici e la riassunzione di una forza molto minore, selezionata in base al criterio unico di lealtà.
Prevedibile anche un nuovo e sempre maggiore appalto privato delle funzioni di governo. Nel 2016 Trump nominò dirigenti petroliferi a capo del dipartimento del territorio e dell’agenzia per l a protezione ambientale (EPA). Il segretario di stato era un ex manager della Exxon e agli scienziati del governo era vietato usare l’espressione «climate change» nei rapporti ufficiali.
DEI TANTI EDITORIALI LETTI durate la campagna, non può non tornare a mente in questo frangente, quello della prestigiosa rivista Scientific American, che nel primo endorsement della sua lunga storia, implorava contro il riflusso antitetico ai fatti ed alla scienza. Quei presentimenti promettono di realizzarsi ora con le consulenze annunciate per il complottista Musk e prelati evangelici (come la consulente spirituale personale, Paula Michelle-White Cain), di Robert Kennedy Jr., papabile «zar della sanità». La sua ricetta si annuncia fondata su fitness militare, nutrizionismo new age e la rimozione del fluoro dai sistemi idrici.
Gli americani sperimenteranno presto l’effetto degli interessi monopolistici, del fanatismo religioso e del suprematismo nativista sulla loro divisa società. Il resto del mondo quelli di una aggressiva ignavia che non depone bene per un pianeta già in preda a una dilagante ferocia.
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