A metà pomeriggio le agenzie hanno dato conto del primo effetto politico dell’operazione compiuta da Hamas in territorio israeliano; il premier Netanyahu ha aperto a un governo di unità nazionale, il rivale Lapid (il suo predecessore) si è detto disponibile. È tempo di unità, avrebbe detto l’ex giornalista, non di puntare il dito sulle responsabilità.

IN ISRAELE però c’è chi lo fa già, di puntare il dito dopo le prime ore di choc, di tentativo di mettere a fuoco. Lo facMeir Margalit, ex membro della sinistra israeliana di Meretz e per anni consigliere comunale a Gerusalemme. È qui che ha fondato, insieme a tanti altri, Icahd, il comitato contro le demolizioni di case palestinesi.

«È palese che questo governo è incapace di assicurare la minima sicurezza ai propri cittadini, è un mal governo – dice al manifesto – Non è però questa la cosa più importante. Sto ascoltando i commentatori in tv e tutti, assolutamente tutti, concordano: Israele stavolta deve dare un colpo fatale ad Hamas. Lo abbiamo sentito tante volte negli ultimi decenni da generali e politici: daremo a Gaza il colpo finale. Questo atteggiamento ci dice una cosa: Israele è incapace di trarre la conclusione minima, che con la forza questo conflitto non si risolverà mai. Questo conflitto non ha una soluzione militare, l’unica soluzione è politica, dare ai palestinesi quello che gli spetta, la terra che gli spetta».

«QUANDO TIENI le persone prigioniere, quelle si ribellano – aggiunge – Gli ultimi anni per i palestinesi sono stati più umilianti del solito, abbiamo messo la gente di Gaza in una situazione in cui non ha nulla da perdere, non ha orizzonte, né futuro, non ha acqua potabile né energia elettrica. La reazione è violenta. Ora ci saranno migliaia di morti e tra sei mesi torneremo alla stessa storia, a una nuova operazione militare. Senza capire che non si può opprimere un popolo all’infinito. È il nostro dramma».

UN DRAMMA che per Margalit è ciclico. Ma che oggi vive nuovi apici. Al governo c’è una maggioranza di ultradestra: «Sono piromani, Netanyahu, Ben Gvir, Smotrich sono i responsabili dell’umiliazione dei palestinesi degli ultimi sei mesi in una forma ancora più dura, a Jenin, Nablus, Gerusalemme, sono i responsabili delle violenze dei coloni». E sono responsabili di altro, di aver spaccato anche la società israeliana, averla trascinata in un conflitto interno senza precedenti. Lo dicono i 150mila nelle piazze. Che ora rischiano di sparire, ci dice una attivista che chiede l’anonimato per timore di ripercussioni: «Le manifestazioni previste per stasera (ieri, ndr) sono state cancellate e molti organizzatori hanno dato supporto alle forze israeliane».

Altri no, sono scioccati dalle immagine viste in tv ieri mattina e nel pomeriggio: «Abbiamo visto le testimonianze dei civili sotto attacco di Hamas vicino Gaza. Chiedevano aiuto, delle forze di sicurezza israeliane non c’era l’ombra. Chiedevano “Dov’è l’esercito?”. L’esercito ha semplicemente abbandonato i civili israeliani per ore e ore. Ha creato ancora più panico di quello dovuto all’assalto di Hamas».

Che può proseguire in forme diverse e allargarsi. È la principale preoccupazione di Margalit: «Dipenderà anche da Hebzollah. Quello che più temo è un eventuale coinvolgimento del Libano, un lancio di missili verso Israele. Cosa farà il governo a quel punto?».

L’ATTIVISTA israeliana prova a disegnare lo scenario: «Il mio timore è che i fanatici del governo religioso israeliano chiederanno di occupare Gaza e il distretto nord della Cisgiordania, Jenin e Nablus con l’obiettivo di trasferire i residenti palestinesi, nel pretesto della guerra totale. L’idea di una ri-occupazione di pezzi di Territori occupati non è uno scenario così improbabile. E i palestinesi cittadini d’Israele saranno l’oggetto della vendetta, soprattutto nelle città miste».

CI RACCONTA che già ieri in diverse comunità miste palestinesi-ebraiche nel centro e nel nord di Israele, quindi lontane dal caos del sud, le persone sono rimaste chiuse dentro casa. Gli israeliani ebrei temevano i propri vicini palestinesi, quelli palestinesi temevano i vicini ebrei. «Su diversi gruppi WhatsApp si invita a boicottare i negozi israeliani che danno lavoro a palestinesi. La possibilità di una vendetta, di una violenza politica tra civili, è molto alta e sarà peggiore di quella del 2021. E a quel punto il governo israeliano userà il caos per dichiarare lo stato di eccezione. Il movimento di protesta non avrà futuro. Quanto successo serve gli interessi del governo, portare avanti la propria agenda dentro Israele, ovvero violare lo stato di diritto o limitare le libertà civili. E, nei Territori occupati, procedere all’annessione».

In serata le risponde indirettamente il ministero della sicurezza nazionale: stato d’emergenza, poteri speciali alla polizia per imporre coprifuoco, perquisire abitazioni e usare «forza ragionevole» contro i civili.