La guerra in Ucraina spinge addirittura il presidente bielorusso Lukashenko a invocare il cessate il fuoco. Non chiamiamolo pacifista, sarebbe troppo. Ma vale la pena notare che tra tutti gli sviluppi incredibili e inattesi che abbiamo registrato da un anno a questa parte, quello di ieri è uno dei più significativi.

LUKASHENKO ha dichiarato: «Proverò a suggerire di fermare il conflitto in Ucraina prima di ulteriori escalation. Dichiariamo il cessate il fuoco senza condizioni. Se la leadership russa dovesse intravedere i rischi di un collasso, utilizzerà armi terribili. La probabile controffensiva ucraina renderà qualsiasi negoziazione impossibile».

Il contesto era quello del parlamento di Minsk, quindi non una conferenza stampa a latere di una visita di rappresentanza, ma la più ufficiale delle occasioni. Il discorso dell’autocrate bielorusso, che subito è stato ripreso dalle agenzie di stampa russe e internazionali, si è anche soffermato sul rischio di «allargamento del conflitto». L’eventualità che si passi il segno e le superpotenze mondiali si scontrino con «attacchi nucleari», secondo l’alleato di ferro di Putin, è non solo reale, ma visibile. «Oggi è un momento unico che non ci sarà più né nella storia della Russia, della Bielorussia e dell’Ucraina, né nella storia del mondo, e in particolare in quella europea» ha continuato Lukashenko, «tutti voi comprendete e sapete, l’unico modo è negoziare. Negoziati senza condizioni preliminari».

DA MOSCA il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha dichiarato che «la prossima settimana ci sarà una riunione del Consiglio supremo dello Stato dell’Unione, che darà ai presidenti un’altra opportunità di parlare in dettaglio l’uno con l’altro. Questo argomento (la proposta di Lukashenko, ndr) sarà sicuramente discusso». Tuttavia, a scanso d’equivoci, Peskov ha chiarito che «per la Russia non cambia nulla, l’operazione militare speciale continua».

A PROPOSITO delle reali motivazioni della proposta di Lukashenko bisogna aggiungere che il leader di Minsk ha anche avvertito l’Ucraina che non può vincere, in quanto «è impossibile sconfiggere una potenza nucleare» e che «se la leadership russa capirà che la situazione minaccia la disintegrazione della Russia, userà l’arma più terribile; non possiamo consentirlo».

In altri termini, il presidente bielorusso sta suggerendo a Kiev di arrendersi allo status quo e riconoscere le conquiste territoriali russe in Ucraina.

Ma Kiev non ha intenzione di accettare e Mikhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky ha chiarito che «qualsiasi cessate il fuoco significa il diritto della Russia di rimanere nei territori occupati. Questo è totalmente inammissibile. L’Ucraina ha il diritto di spostare truppe ed equipaggiamenti sul proprio territorio come ritiene necessario. Strani “peacekeepers”, sembrano ridicoli».

IL FATTO È CHE ci sono troppe questioni in sospeso per giudicare la proposta di Lukashenko realistica. In primis il presidente bielorusso è assolutamente schierato dalla parte di Mosca e nei mesi ha più volte minacciato l’Ucraina di intervenire militarmente. Ma la vera questione è territoriale: con quali confini si potrebbe tracciare oggi una linea di demarcazione, Bakhmut a chi spetterebbe? E le armi che Kiev ha ricevuto o sta ricevendo per combattere i russi per cosa sarebbero usate?

Prescindendo dall’eventuale beneplacito di Washington a una tregua ora, è palese che senza una reale trattativa questa sarebbe solo una fragilissima pausa all’interno di un conflitto che riprenderebbe al primo incidente (vero o presunto). Lukashenko ha inoltre dichiarato che «i negoziati svolti finora erano un inganno dell’Occidente per militarizzare l’Ucraina e armare il suo esercito». Anche se non è chiaro a quali negoziati si riferisca, è altrettanto poco chiaro come pensa che una soluzione unilaterale possa risolvere la situazione. Non può, è evidente. Assomiglia, invece, a un espediente per permettere alle forze russe di consolidare le proprie conquiste.