Europa

L’Ue insiste sui rimpatri dei migranti, ma a fare paura è la fine di Schengen

L’Ue insiste sui rimpatri dei migranti, ma a fare paura è la fine di Schengen

Il vertice dei ministri dell'Interno Per Vienna e Berlino il Trattato sulla libera circolazione «non è morto ma è rotto»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 20 ottobre 2023

«Schengen non è morta ma è rotta e quindi dobbiamo ripararla», dice l’austriaco Gerhard Kemer al termine del vertice che ieri ha riunito a Lussemburgo i ministri dell’Interno della Ue. Sarebbe un azzardo considerare la frase come l’annuncio della fine del Trattato della libera circolazione ma certo dopo la decisione di dieci stati membri di prorogare o avviare i controlli ai confini per evitare possibili infiltrazioni terroristiche, le parole del rappresentante di Vienna – condivise per altro dalla collega tedesca Nancy Faeser – fanno riflettere, e non poco. Il problema, adesso è vedere come a Bruxelles si deciderà di intervenire per «riparare» un Trattato messo pesantemente in crisi dagli ultimi attacchi terroristici ma anche, per molte capitali, da un flusso crescente di migranti in arrivo in Europa.

Non a caso ieri a Lussemburgo i ministri si sono trovati d’accordo sulla necessità di rafforzare le frontiere dell’Unione (per ora quelle esterne), ma anche nell’accelerare le procedure di rimpatrio per quei migranti ritenuti pericolosi o sospetti jihadisti. Un ulteriore giro di vite dettato dalla paura di subire altri attentati dopo quelli che hanno insanguinato Arras e Bruxelles. «Noto che in Belgio come in Francia sono state due persone di nazionalità straniera a commettere gli attacchi», ha detto ieri il ministro francese Gerald Darmanin. «Dobbiamo applicare in modo concreto il patto sull’immigrazione per controllare le nostre frontiere, registrare le persone ed effettuare i colloqui di sicurezza che sono preliminari a qualsiasi valutazione, in particolare per le domande di asilo».

Per oggi è prevista una riunione straordinaria con i rappresentanti dei 27 per decidere come azzerare la discrezionalità dei singoli stati sui rimpatri e accelerare gli accordi con i paesi di origine dei migranti, magari con una politica sui visti di ingresso nella Ue che premia chi accetta di collaborare penalizzando tutti gli altri.

Ma sul tavolo c’è anche l’eterna questione dei movimenti secondari. In molti ieri hanno ricordato come il killer di Bruxelles, Abdesalem Lassoued, sia arrivato nel 2011 in Italia e poi si sia spostato in nord Europa. «Era illegalmente in Ue da 12 anni» ha detto la commissaria agli Affari interni Ilva Johansson. «La questione riguarda il sistema di Dublino, gli scambi di informazioni, i controlli alle frontiere», ha aggiunto il ministro svedese Gunnar Strommer. Un dito puntato contro quei paesi di primo approdo che, come l’Italia, molti Stati del nord accusano di non esercitare i dovuti controlli su coloro che arrivano sulle proprie coste. E che adesso potrebbe far crescere pericolosamente il numero dei paesi pronti a blindare le proprie frontiere.

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