La Casa delle donne Lucha y Siesta a Roma va verso lo sfratto. La giunta regionale del Lazio, guidata da Francesco Rocca, ha infatti revocato la convenzione siglata dall’ex presidente dem Nicola Zingaretti: nel 2021 la regione aveva acquistato l’ex stabile Atac per tutelare le attività contro la violenza di genere svolte dal 2008, anno dell’occupazione.

La delibera promossa dall’assessora leghista alle Pari opportunità Renata Baldassare affida ora il palazzo in via Lucio Sestio 10 a bando pubblico. «Le revoche dello schema di convenzione con l’associazione Casa delle donne Lucha y Siesta e della concessione in comodato d’uso gratuito, approvate alla giunta, rappresentano un atto dovuto volto a ripristinare la legalità da un lato e le condizioni igienico-sanitarie dell’immobile dall’altro», ha dichiarato Rocca.

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Viene specificato così che lo spazio dovrebbe continuare a essere utilizzato con lo scopo di accogliere e sostenere le vittime di violenza di genere. Ma da chi vincerà il bando.

La delibera sembra così dimenticare il ruolo fondamentale che hanno svolto le attiviste Lucha y Siesta per coloro che hanno trovato rifugio nella Casa delle donne. Ridurre l’esperienza del luogo alla burocrazia rischia di lasciare indietro l’elemento fondamentale che ha intessuto la Casa nel quadrante sud-est della capitale: le relazioni. «Lucha siamo tutte» recitavano gli striscioni il 12 ottobre in occasione del presidio davanti al palazzo della regione Lazio.

«Appena abbiamo saputo la notizia, la reazione è stata di rabbia, ma abbiamo un approccio proattivo. Per noi è come un contrattempo: le attività non si fermano» spiega al manifesto Margherita Talia, attivista. Nella fase transitoria le persone accolte all’interno del palazzo di Lucha y Siesta, dicono il presidente e gli assessori, saranno ricollocate presso strutture «appartenenti alla rete regionale, di concerto con Roma Capitale». Ma non è chiaro quali.