La pioggia cade al tramonto sull’ottantesimo anniversario del «sabato nero» degli ebrei romani. Era il 16 ottobre del 1943 ed erano da poco passate le cinque del mattino quando le Ss, in moltissimi e documentati casi imbeccate dai fascisti e da delatori italiani, catturarono casa per casa 1022 ebrei per deportarli ad Auschwitz. Tornarono a casa soltanto in sedici, quindici uomini e una donna, Settimina Spizzichino. Oggi ci sono alcuni sopravvissuti ai lager ma nessuno di quei sedici è ancora vivo per poter raccontare. C’è Emanuele Di Porto, che all’epoca era un bambino e si salvò perché venne caricato su un tram e fu protetto dalla comunità dei tranvieri romani. Non c’è, ma viene evocato a più riprese, Pacifico Di Consiglio, il pugile che quel giorno si scagliò a mani nude contro i nazifascisti per difendere la sua gente.

ORMAI DA trent’anni, da quando la comunità di Sant’Egidio raccolse l’invito dell’allora capo della comunità ebraica Elio Toaff, il rastrellamento di Roma viene ricordato con una marcia silenziosa che muove dal Campidoglio fino al portico di Ottavia, in un ghetto quest’anno più che mai blindato, per la risonanza con i tragici eventi del Medio Oriente che viene raffigurata con i volti degli ostaggi di Hamas appesi per le strade del quartiere ebraico. Partecipa Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica lascia una corona di fiori alla Sinagoga. Con lui ci sono il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, il presidente della Cei, Matteo Zuppi, il presidente della Camera Luciana Fontana e i ministri Antonio Tajani e Matteo Piantedosi, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

NEL SUO MESSAGGIO la senatrice a vita Liliana Segre ribadisce che «ricordare è un dovere». «Interpreto la sua presenza come un ulteriore segno della sua attenzione personale e della vicinanza delle istituzioni dello Stato alle nostre difficoltà – dice Di Segni rivolto a Mattarella – Una risposta ferma e di principio, contro ogni tentativo di deformazione, confusione, sostegno politico e persino teologico alla barbarie di allora e di oggi, che ha il volto del terrorismo. In questi momenti bui non rinunciamo alla nostra speranza per un mondo migliore, più giusto e meno violento». L’auspicio è affidato alle parole del profeta Isaia: «Un popolo non alzerà la spada contro un altro e non studieranno più la guerra».

IL PRESIDENTE della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun è ancora più diretto: «Israele è l’unica democrazia del Medio oriente – dice – Oggi costretta ad una guerra per la sicurezza dei suoi cittadini». Mattarella ha consegnato le sue parole qualche ore prima, margine del giornata mondiale dell’alimentazione della Fao, dove ha incontrato anche re Hussein di Giordania «Il Medio Oriente è in fiamme, a causa di un vile attacco che è già riuscito ad elevare a livelli inusitati la spirale dell’orrore e delle violenze – afferma – Assistiamo ad un preoccupante aumento delle tensioni internazionali, ad un allargarsi delle faglie fra paesi e fra regioni del mondo e ad un ritorno di atteggiamenti imperialistici e dei nazionalismi». Mattarella cita la vicenda del grano nel conflitto russo-ucraino, ma il pensiero va anche all’assedio di Gaza quando dice che «è un delitto trasformare cibo e acqua in strumenti di conflitto».

GUALTIERI, CHE prima di essere stato sindaco è stato docente di storia contemporanea, condanna l’«atto di terrorismo che è stato criminale e che non riconosce il diritto di Israele all’esistenza» e dice che «occorre non abbassare la guardia ma occorre anche non farsi intimidire, per questo è stato giusto importante mantenere l’impegno di oggi». «Siamo gli ebrei di Roma, italiani orgogliosi, con un forte legame con lo Stato d’Israele, che oggi è costretta ad una guerra per la sicurezza dei propri cittadini» afferma Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma .«Nessun integralismo nessuna autocrazia ci farà sprofondare nel passato – sostiene il sindaco di Roma – Occorre contrastare antisemitismo e ogni ideologia che nega convivenza tra i popoli». «Gli ebrei andavano eliminati e fu così – sono le parole di Andrea Riccardi – Ma qualcosa si svegliò nelle teste dei romani. Ci fu però anche chi vendette gli ebrei. Il 16 ottobre fu un giorno di non ritorno da trasmettere di generazione in generazione. In questo nostro mondo con troppe guerre si sta rivalutando la guerra, la violenza e il terrorismo».