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Luca Landò: L’Unita chiude, ma tornerà in edicola. Siamo una testata cocciuta”

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Intervista Le responsabilità del Pd e degli altri soci. Parla il direttore Luca Landò

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 31 luglio 2014

La solidarietà e gli appelli e gli attestati di stima fioccano come non è mai accaduto nella storia recente del quotidiano che fu del Pci. I senatori del Pd adesso firmano appelli e si dicono pronti a fare di tutto. L’Arci esprime sconcerto: «È intollerabile». E la presidente della Camera, Laura Boldrini, scrive ai redattori. Ma basterà per far tornare in edicola il giornale fondato da Gramsci e affondato nell’era Renzi? Ci sono ex direttori che ci credono poco, come Furio Colombo, che ritiene improbabile un impegno del Pd per salvare l’Unità. Altri che non ci credono per niente, come Giuseppe Caldarola, che «nemmeno se lo vedo» crederebbe all’uomo solo al comando che si impegna per salvare un giornale di carta. Claudio Sardo, invece, si augura che il partito si assuma la responsabilità di «trovare una soluzione idonea». Il più ottimista, per dovere e per convinzione, è l’attuale direttore de l’Unità, Luca Landò: «Questa è una testata molto cocciuta e sarà difficile farla tacere». Il direttore sta preparando l’ultimo numero di una storia lunga novant’anni mentre il Cdr sta incontrando il presidente del Pd Matteo Orfini. Avevano chiesto di vedere Matteo Renzi, e prima o poi si degnerà anche il capo.

31pol1 unita Luca-Lando

Direttore c’era una possibilità praticabile che avrebbe potuto garantire la continuità in edicola e il Pd l’ha affossata. È una lettura un po’ semplicistica o corrisponde al vero?

Non solo il Pd. Siamo arrivati alla liquidazione perché i soci della Nuova Iniziativa Editoriale hanno litigato tra loro, sono volati gli stracci. Anche nell’ultima assemblea. Questo è il motivo principale per cui in questi mesi non siamo riusciti a portare avanti il programma della mia direzione, l’integrazione tra carta e web. Una volta in liquidazione, l’idea era costituire una bad company per poi trovare una nuova società disposta a rilevare il ramo d’azienda, cioè la testata più i redattori. Sul tavolo sono arrivate cinque proposte, due folkloristiche e tre serie. La più solida è quella di Matteo Fago: voleva affittare per sei mesi il ramo d’azienda e continuare le pubblicazioni e su quella base aveva trovato anche un accordo con i lavoratori per un taglio sugli stipendi. Fino all’altro giorno sul piatto era rimasta anche l’ipotesi dell’imprenditore Massimo Pessina, più debole perché voleva rilevare solo la testata, e quella di Daniela Santanché, più seria e più pesante di quella di Pessina. Ma all’assemblea di martedì è stato un fuoco di fila e i soci hanno votato no a tutte le proposte. Non accuso il Pd per come si è comportato in questa occasione, ma denuncio il fatto che da gennaio in poi non ha fatto nulla per trovare una soluzione che mettesse l’Unità al sicuro.

Quale progetto editoriale o politico avrebbe espresso l’ipotesi Fago che è stata cassata dal Pd? Non era in linea con il partito?

L’idea che Matteo Fago sarebbe troppo di sinistra per questo Pd fa parte di un discorso montato ad arte, tanto è vero che voleva continuare con il sottoscritto alla direzione, dunque nel segno della continuità. Volevamo, e vogliamo, trasformare l’Unità da giornale di partito a giornale degli elettori, sul giornale devono trovare spazio le voci che convivono in un partito in evoluzione e pieno di contraddizioni. Tutti devono potersi esprimere, non solo la maggioranza.

Renzi ha detto che riaprirà l’Unità. Sono parole rassicuranti o significa solo che se la vuole prendere ripartendo da zero?

Adesso la palla passerà a un tribunale che nominerà un commissario, sarà lui a valutare le proposte che arriveranno. Se Matteo Fago rifarà la sua proposta e sarà ancora la più convincente, potrà farlo senza dover sottostare a veti incrociati, la stessa cosa potrà fare Daniela Santanché e anche il Pd. Dico questo perché sia chiaro che è stato bloccato il disegno di chi voleva prendersi solo la testata.

Intende il Pd?

Vale per chiunque. Dico solo che l’ipotesi Fago resta in pista e che l’idea di rilevare solo la testata non esiste più. Penso che con queste premesse l’Unità potrà tornare in edicola. Dico anche che le promesse del Pd, per trasformarsi in fatti, andavano pronunciate prima.

Cosa dovrebbe fare oggi un giornale per tornare ad essere un punto di riferimento per la sinistra frastornata? E un giornale che gravita attorno a questo Pd può ancora rivendicare il suo essere di sinistra?

La crisi sociale, economica e politica spinge alla necessità di trovare luoghi di discussione e confronto. Il giornale politico oggi questo deve essere, un punto di riferimento per coloro che vanno in edicola con l’idea di tastare il polso alle idee in cui si ritrovano. Per questo penso che il Pd dovrebbe apprezzare un luogo di discussione aperta. È evidente che questo ruolo intellettuale oggi non venga particolarmente riconosciuto e apprezzato.

Ma l’Unità tornerà in edicola?

A breve non credo, ci sono procedure che richiedono tempo. Ma sono proprio convinto di sì. Non siamo stati zitti nemmeno sotto il fascismo, per diciassette anni il giornale è uscito in clandestinità. Torneremo anche questa volta. È una testata molto cocciuta, è difficile farla tacere.

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