Luca Guadagnino: «Ho cercato di capire il mondo di Burroughs»
Venezia 81 Il regista e il cast hanno presentato alla stampa "Queer", in concorso al festival. Le droghe, il sesso, i libri
Venezia 81 Il regista e il cast hanno presentato alla stampa "Queer", in concorso al festival. Le droghe, il sesso, i libri
«Gioia» è la parola che più ricorre durante la conferenza stampa di Queer, il nuovo film di Luca Guadagnino presentato in concorso. In realtà dovremmo forse dire joy, l’incontro è infatti tenuto in inglese e il regista ci ha ormai abituato alle sue produzioni d’oltreoceano. Ma per raccontare la genesi del film, Guadagnino guarda al passato: «Ho letto il libro di William Burroughs quando avevo 17 anni, a Palermo, ero un ragazzo megalomane che voleva costruire mondi col cinema. La vivida immaginazione di questo autore e la connessione profonda tra i due personaggi, osservati senza giudizio, mi ha trasformato per sempre. Ho voluto essere leale a quel ragazzo e portare tutto questo sullo schermo».
Nel corso dell’incontro si toccano alcuni dei temi «forti» di Queer: l’uso della droga e dell’ayahuasca in particolare, le scene di sesso omoerotiche. Le racconta così Daniel Craig, protagonista del film: «La coreografia è una parte molto importante, abbiamo iniziato a danzare con Drew Starkey mesi prima del film per rompere il ghiaccio. Non c’è niente di intimo nel girare una scena di sesso sul set, volevamo solo renderla toccante e naturale quanto possibile».
Sono un ragazzo che va a dormire presto, non ho mai usato droghe, non ho avuto molti amanti. Trovare l’umanità ovunque è il compito di un filmmakerLuca GuadagninoHa aggiunto quindi Starkey, che nel film intepreta il giovane spacciatore Allerton: «Non solo nelle scene di sesso, il film ha liberato noi e i nostri corpi, e ci ha permesso di provare nuove cose. Abbiamo avuto mesi per sperimentare, Luca lascia lo spazio affinché ciò accada». Rispetto ad una presunta attrazione del suo cinema nei confronti delle dipendenze, Guadagnino ha risposto: «Sono un ragazzo che va a dormire molto presto, non ho mai usato droghe, non ho avuto molti amanti. Mi interessa guardare alle persone senza giudicarle, credo che trovare l’umanità nei luoghi più oscuri e più luminosi sia il compito di un filmmaker».
IL LIBRO da cui è tratto Queer, si sa, è fortemente autobiografico. La grande sfida era proprio lavorare su Burroughs da un punto di vista più ampio, che potesse abbracciare la complessità dello scrittore. Il regista lo spiega così: «Volevamo fare un “Burroughs movie”, volevamo capire il suo mondo, il suo immaginario, nel linguaggio visivo del film ci sono riferimenti a tanti altri libri. Ho pensato soprattutto al canone di Powell e Pressburger, all’idea di eroismo, alla loro fantasia…e ho provato a immaginare come avrebbero pensato loro nell’adattare il film. È stato un processo abbastanza semplice, gioioso e melanconico, le complessità sono legate al fatto che non abbiamo girato nei luoghi reali ma abbiamo creato questo mondo a Cinecittà». Aggiunge Craig: «Ho fatto tante ricerche e guardato molti video, Burroughs aveva questa “maschera” così seria e ho pensato che non potesse che rappresentare una parte di lui. Ho cercato quindi di andare più a fondo, anche se si parla molto poco della sua personalità in maniera più complessa».
DURANTE la conferenza stampa sembra esserci una vera connessione tra Guadagnino e Craig, il primo afferma: «Sono un ammiratore di questo gentleman da tanto tempo, non pensavo che avrebbe detto sì, è un privilegio lavorare con uno dei più grandi attori che ha la capacità di apparire davvero “mortale” sullo schermo». Ricambia Craig: «Ci siamo incontrati per la prima volta vent’anni fa e finalmente siamo riusciti a lavorare insieme». Per chiudere Guadagnino cita alcune strofe della canzone finale del film – di Trent Reznor e Atticus Ross – prese da alcune frasi annotate da Burroughs, tra le ultime scritte prima di morire: Our love will grow vaster than empires. C’è qui tutto il senso di Queer.
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