Loredana De Petris: «Non si può fare una coalizione con chi ha visioni opposte su punti essenziali»
Intervista alla capogruppo di Leu al Senato «Non si comprende perché, appena caduto il governo Draghi, la prima cosa che ha fatto Enrico Letta è stata la fatwa sul Movimento 5stelle, senza lasciare una via di uscita»
Intervista alla capogruppo di Leu al Senato «Non si comprende perché, appena caduto il governo Draghi, la prima cosa che ha fatto Enrico Letta è stata la fatwa sul Movimento 5stelle, senza lasciare una via di uscita»
Dopo un’assemblea infuocata, Sinistra italiana ieri ha dato il via libera all’alleanza con il Pd: «Ma il nostro non è un accordo per un programma di governo» ha sottolineato Nicola Fratoianni. Un ragionamento che non convince la capogruppo di Leu al Senato, Loredana De Petris: «Non era meglio andare da soli e confrontarsi sui programmi?».
L’accordo tra Pd e rossoverdi c’è ma in un clima tesissimo.
Ancora qualche giorno fa si potevano aprire altre strade. Si poteva ricomporre il fronte democratico per arginare e battere le destre, ma se questa era la strada il veto del Pd contro i 5S è senza senso. Invece è stato riconfermato l’asse a tre con un elemento che lascia molto sconcertati: Letta ha stabilito un accordo programmatico con Calenda molto, molto pesante perché di fatto è la capitolazione sulla lettera messa sul tavolo da Azione e +Europa. E questo fa venire meno lo schema dell’alleanza democratica. Un percorso che ha inevitabilmente prodotto una situazione molto problematica per Europa verde e Sinistra italiana. Non si comprende perché, appena caduto il governo Draghi, la prima cosa che ha fatto Letta è stata la fatwa sui 5S senza una via di uscita. Al punto in cui siamo si può sfumare la portata del patto dicendo che è un accordo tecnico ma resta il fatto che, con questa legge elettorale, la desistenza non esiste. Allora non era meglio per i rossoverdi andare per la propria strada come Leu nel 2018?
C’è stato un ultimo tentativo, di bandiera, da parte di Si di allargare il perimetro ai 5S.
Andare con il Movimento poteva essere una strada ma non è stata seguita con convinzione perché, in realtà, l’accordo con il Pd era già maturato da molto tempo e sarebbe stato complicato venirne fuori.
Qual è lo schema che avremo?
Il risultato è paradossale: il Pd che fa un accordo programmatico con Calenda e Della Vedova da un lato; un altro separato con Si ed Ev dall’altro. Ma come si fa visto che le due parti, tolto l’antifascismo, sulla maggior parte dei punti hanno visioni opposte? E non su cose secondarie: i rossoverdi sono a favore dell’appello degli scienziati per fermare la crisi climatica ma sono in una «coalizione tecnica» dove nell’uninominale hai candidati che pensano che l’unica risposta sia continuare con i fossili, quindi con il gas. Perché se pensi di investire massicciamente sui rigassificatori non è per far fronte all’emergenza. Per non parlare del nucleare e dei termovalorizzatori. Avrai nei listini bloccati candidati con programmi che sono il contrario dell’economia circolare e della transizione ecologica spinta. Per non parlare dell’emergenza sociale con le idee di stampo liberista di Calenda, pronto a calare la scure sul Reddito di cittadinanza. Se poi dovessimo aprire il capitolo fisco non so cosa potrebbe venire fuori.
A questo punto come sarà l’assetto finale?
I 5S andranno da soli con il loro programma e le loro idee. A mio avviso dovrebbero spingere di più sui temi dell’agenda sociale e ambientale per proporsi come punto di riferimento per chi cerca quel profilo programmatico. Servirebbe un’ulteriore operazione di apertura puntando di più su movimenti e società civile, tutta quella parte di sinistra che ha molte perplessità sull’accordo tra Pd, centristi e rossoverdi. D’altro canto, per Si ed Ev sarebbe stato meglio a questo punto, se non volevano coalizzarsi con i 5s, andare da soli col proprio programma. La soglia del 3% vale sia se sei dentro che fuori la coalizione. Non so cosa farà Calenda ma non credo che si placherà, quest’operazione darà molto spazio a Renzi al centro. L’opposto di quello che avresti dovuto fare se avevi l’obiettivo di fermare Meloni.
Il Pd ha stretto un patto con i centristi sulla distribuzione dei seggi, 70 a 30 (che potrebbe essere limato). Non c’è una pericolosa sovrastima dei moderati?
Qual è il progetto che Letta ha per il paese non è chiaro. Lo schema 70/30 è un prezzo molto pesante da pagare a Calenda sul piano del programma e dei collegi. La trattativa Pd – Si ed Ev ha stabilito una ripartizione 80/20 ma, onestamente, sarebbe stato meglio per tutti interpretare il Rosatellum in modo proporzionale andando ognuno per conto proprio. O riesci a fare una coalizione coerente oppure non serve mettere insieme uno schieramento ipercontraddittorio, fatto di continui attacchi e repliche al proprio interno. Il parlamento sarà a ranghi ridotti per il taglio degli eletti, riuscire a imporre una serie di temi sarà difficile. Anche per questo non andava gonfiato il centro. L’intenzione di Letta, ovviamente, è vincere nei collegi ma non è che in questo modo ci siano garanzie. L’elettorato di sinistra ed ecologista è molto deluso.
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