Con una decisione senza precedenti la Gran Bretagna ha concesso l’asilo politico a un cittadino israelo-palestinese e lo ha fatto con motivazioni forti e chiare – rientrando in Israele rischierebbe di essere perseguitato – che dovrebbero far riflettere i governi alleati di Israele, a cominciare da quello del Regno Unito.

L’uomo, la cui identità resta coperta da riservatezza, ha 24 anni e vive in Inghilterra da circa venti. La prima richiesta d’asilo risale al 2019. Dopo vari rinvii legati anche alla pandemia l’Home Office – il dipartimento governativo che si occupa di immigrazione – l’ha respinta sostenendo che tali rischi per la sua incolumità non sussistevano. Ma all’indomani del 7 ottobre i suoi difensori hanno ripresentato il caso aggiornato sostenendo che il loro assistito avrebbe corso «rischi accresciuti di subire persecuzioni», in quanto palestinese, musulmano, militante anti-sionista, con una storia di attivismo pro-Palestina in Inghilterra. E stavolta la tesi è stata pienamente accolta dai funzionari inglesi, che hanno rovesciato la precedente decisione e concesso l’asilo politico.

Gli avvocati che hanno seguito il caso parlano di «terremoto» e «inversione a u» rispetto alla prassi, di decisione storica per un cittadino con passaporto israeliano. Lui ha raccontato a al Jazeera di sentirsi «sollevato» dopo questi anni «passati in un limbo, senza poter lavorare, affittare una casa, comprare un auto o vivere una vita normale». Ma ora si dice profondamente preoccupato per i suoi cari residenti in Israele.