Incassato il due di picche dagli ex alleati che non l’hanno scelta come candidata alle prossime elezioni regionali lombarde, Letizia Moratti alla fine si è dimessa da ogni incarico di giunta facendo così il primo passo verso la sua auto candidatura. Sono dimissioni all’attacco quelle di Moratti. Com’era prevedibile contro Attilio Fontana e il centrodestra lombardo, ma anche contro il governo Meloni, in particolare sulle materie sanitarie di sua competenza come la rimozione delle ultime restrizioni anti Covid e il reintegro dei medici non vaccinati. «Atti che non condivido» ha detto Moratti.

SU FONTANA L’EX vicepresidente lombarda ha giocata la carta della fiducia: «Di fronte al venir meno del rapporto di fiducia con il Presidente Attilio Fontana, annuncio la decisione di rimettere le deleghe di vicepresidente e di assessore al Welfare» ha scritto nella nota rilasciata poco prima di mezzogiorno. «Ho atteso l’esito delle elezioni politiche e la formazione del nuovo Governo per rendere nota la mia posizione». Posizione già nota a tutti e già espressa con chiarezza qualche settimana fa durante una trasmissione di Raitre dove aveva raccontato che Fontana e il centrodestra le avevano promesso la candidatura a presidente della Lombardia quando era stata chiamata a guidare la sanità lombarda nel pieno della crisi Covid.

E COSÌ SARÀ, MORATTI si candiderà, ma contro i suoi amici di una vita. Non è una buona notizia ovviamente per il centrodestra, ma incredibilmente neanche per il centrosinistra. Per il centrodestra i guai partono dal rischio prosciugamento dei voti rimasti a Forza Italia. La candidatura di Moratti piace a Comunione e Liberazione, alla Confindustria e al mondo produttivo lombardo. La lista civica che sosterrà l’ex vicepresidente potrebbe chiamarsi Lombardia Migliore, dal nome del movimento con referenti in ogni provincia lombarda avviato dal consigliere regionale di area centrodestra Manfredi Palmeri, già presidente del consiglio comunale di Milano tra il 2006 e il 2011 con Moratti sindaca. In queste ore poi tra i più attivi a sperticarsi in lodi all’ex vicepresidente ci sono quelli di Azione che potrebbero appoggiare la sua candidatura. Carlo Calenda è stato il più veloce – ci ha messo dieci minuti – a commentare le dimissioni: «Letizia Moratti è stata coraggiosa nel rassegnare le dimissioni dal pessimo governo di Attilio Fontana. Moratti ha svolto un ottimo lavoro nel corso della campagna vaccinale, che prima di allora era in un caos indegno per una grande Regione europea. Sono certo che in futuro potrà dare un contributo positivo nella politica regionale o nazionale».

CHI STA LAVORANDO per avvicinare Moratti e il Terzo Polo è l’ex coordinatrice lombarda di Fi, oggi in Azione, Mariastella Gelmini, che prontamente ha commentato: «La scelta di Moratti è coraggiosa e coerente. Sul Covid ha perfettamente ragione. Ha guidato con autorevolezza e prestigio la macchina della sanità lombarda». E per rispettare la regola di ogni buon giallo dei tre indizi che fanno una prova c’è anche la dichiarazione del coordinatore lombardo di Azione, Niccolò Carretta: «Moratti sostiene quanto diciamo da sempre, Fontana e il centrodestra hanno mal governato la Regione e sono incapaci di dare nuovo slancio alla Lombardia».

SE MORATTI SI CANDIDERÀ con la sua lista civica insieme al Terzo Polo il campo largo del centrosinistra dovrà restringersi a Pd, sinistra rossoverde e 5 Stelle. Il Pd è diviso tra chi, come l’assessore alla casa di Milano Pierfrancesco Maran, vuole le primarie per scegliere il candidato, e chi, come il sindaco di Milano Beppe Sala, preferirebbe un candidato di coalizione scelto non necessariamente nei gazebo. Magari Carlo Cottarelli, già sconfitto alle politiche in modo clamoroso in un collegio lombardo da Daniela Santanchè. E poi c’è l’ipotesi da film dell’orrore: sostenere Letizia Moratti. Opzione surreale ma che qualcuno nel Pd sta facendo circolare, tanto che diversi esponenti dem hanno dovuto scrivere sui social che mai sosterrebbero l’ex vicepresidente lombarda ed ex sindaca di Milano del centrodestra. Fra i tanti Piefrancesco Majorino, («ipotesi folle»), la coordinatrice milanese Silvia Roggiani («saremo sempre l’alternativa a lei») e il segretario dei giovani democratici Lorenzo Pacini. Anche il sindaco di Milano Sala ha escluso l’ipotesi horror: «Oggettivamente la vedo difficile, ma non spetta a me decidere». Nell’attesa del voto, 4 o 5 mesi, i lombardi avranno infine anche il piacere di sperimentare l’uomo delle emergenze Guido Bertolaso catapultato alla guida dell’assessorato alla Sanità lasciato vuoto da Letizia Moratti. Il cerchio del disastro lombardo si chiude così.