Oltre dodici milioni di elettori del Lazio e della Lombardia sono chiamati al voto oggi e domani per eleggere i presidenti della regioni e i consigli regionali. Una sfida politicamente molto sensibile in due delle aree più popoloso d’Italia (4,7 milioni gli elettori laziali, 7,8 quelli lombardi), con il rischio che alle urne vadano in pochi.

IN LOMBARDIA IL GOVERNATORE uscente Attilio Fontana (Lega) cerca la riconferma contro la sua ex vice Letizia Moratti (Terzo polo) e Pierfrancesco Majorino, che riunisce in coalizione Pd, sinistra, verdi e M5S. Nel 2018 Fontana vinse col 49% contro il renziano Giorgio Gori che si fermò al 29%. Questa volta, con un candidato molto più marcato a sinistra, l’obiettivo minimo di dem e alleati è accorciare le distanze. La speranza di un ribaltone (che sarebbe clamoroso) non è esclusa, ma resta molto remota. Anche perché il rischio è che Moratti (una vita in Forza Italia) peschi voti più tra i moderati del centrosinistra che nelle destre.

NEL LAZIO LA SITUAZIONE è ancora peggiore. La divisione tra Pd e M5S, che hanno governato insieme negli ultimi due anni, pesa come un macigno. E la possibilità di una netta vittoria delle destre unite con il candidato Francesco Rocca (che non ha brillato, anzi, di lui si è parlato più per la casa di lusso comprata con un super sconto da un ente previdenziale che per le sue proposte) è molto concreta. Alessio D’Amato, assessore alla Sanità che ha gestito bene il piano vaccinale (con un passato in Rifondazione e Pdci) è sostenuto da Pd, terzo polo , Verdi, + Europa e un pezzo di sinistra. Ma Conte ha deciso di schierare la sua candidata Donatella Bianchi (conduttrice di Linea Blu sulla Rai ed ex presidente del Wwf). La rottura è passata dal progetto del termovalorizzatore per i rifiuti di Roma, che si farà in ogni caso, visto che il governo l’ha affidato con poteri commissariali al sindaco di Roma Gualtieri. Gli appelli con migliaia di firme per riunire il fronte progressista (a partire da quello di Faabrizio Barca lanciato sul manifesto) sono caduti nel vuoto

PER IL CAMPO DEMOCRATICO si preannuncia un replay del 25 settembre, e cioè una doppia sconfitta. Ma i numeri conteranno molto, anche per la competizione tra Pd e M5S per la guida dell’alternativa a Giorgia Meloni. Se nel Lazio ci dovesse essere un sorpasso grillino ai danni dei dem, si aprirebbero nuovi scenari a sinistra. Per Meloni, una doppia vittoria sarebbe un potente tonico dopo le difficoltà dei primi mesi di governo. Interessante anche vedere di quanto Majorino supererà il pessimo risultato di Gori e quanti voti prenderanno Calenda e Renzi al Nord: se i numeri dovessero premiare la svolta a sinistra di Majorino e i terzopolisti fermarsi sotto il 10%, sarebbe un segnale forte anche in vista delle primarie Pd del 26 febbraio. La prova cioè che la rincorsa al fantomatico centro è puro autolesionismo.

IN CASA PD, NONOSTANTE il comizio venerdì a Milano di tutti e 4 i candidati a fianco di Majorino, il clima congressuale è rovente. Gli ultimi dati, dopo il voto di circa 59mila iscritti, vedono Bonacini intesta col 50,29%, seguito da Schlein al 37,9%, Cuperlo (8,1%) e De Micheli (3,7%). Nel dettaglio, il governatore emiliano è in testa nella sua regione, dove sfiora il 60%. Ed è sopra il 50% in Umbria, Toscana, Sardegna e Puglia. Ma Schlein è davanti in Liguria col 56% e in Campania col 52%, mentre in Piemonte, Lombardia e Veneto la partita è molto aperta: guida sempre Bonaccini ma con percentuali intorno al 45% e Schlein lo insegue con numeri tra il 40 e il 42%. Stesso copione in Sicilia, dove i due principali competitor ballano attorno al 40%. Nel Lazio i congressi sono ancora molto indietro: si voterà fino al 19 febbraio, così come in Lombardia, visto l’impegno dei militanti per le regionali. Ma nei primi 7 circoli al voto a Roma e dintorni Schlein è nettamente avanti.

DAL COMITATO DELLA EX europarlamentare festeggiano il successo a Verona (51%) e il trionfo nella città operaia di Castellamare di Stabia (Napoli), dove Schlein ha preso 226 voti contro i 36 di Bonaccini. A Trieste successo di Cuperlo che batte tutti col 49%. Dario Nardella, numero due di Bonaccini, accusa gli avversari di «nervosismo». «Per giorni hanno parlato di un’onda che non c’è, nei circoli siamo avanti con quasi 20 punti di distacco». Botta e risposta anche sui rapporti con l’establishment del partito. Bonacini dice che tra i sostenitori della sua competitor «ci sono i protagonisti della recente sconfitta». Marco Furfaro, portavoce della mozione opposta, replica: «Bonacini ha la necessità di mostrarsi nuovo per far dimenticare che ha fatto parte del gruppo dirigente negli ultimi dieci anni, è stato un uomo di punta dell’era Renzi e ha sostenuto tutte le politiche che hanno relegato milioni di persone nella precarietà. Noi no». La sfida comincia a entrare nel vivo.