L’odissea del peschereccio spagnolo: rotta su Alicante
Alla deriva Il comandante Pascual Durà che ha a bordo 12 migranti naufraghi si rifiuta di riportarli in Libia: non è sicuro per loro e per il mio equipaggio. Il premier Sánchez mostra il volto duro e rompe con le ong: deve obbedire alla legge
Alla deriva Il comandante Pascual Durà che ha a bordo 12 migranti naufraghi si rifiuta di riportarli in Libia: non è sicuro per loro e per il mio equipaggio. Il premier Sánchez mostra il volto duro e rompe con le ong: deve obbedire alla legge
Il peschereccio Nuestra Madre Loreto naviga verso Santa Pola (Alicante), vicino Valencia, paese da cui provengono i pescatori dell’equipaggio che ha salvato dieci giorni fa 12 migranti naufraghi abbandonati dalla Libia in mezzo al mare. Il capitano dell’imbarcazione, Pascual Durà, si rifiuta di riportarli nelle mani dei loro aguzzini e ha disobbedito al governo spagnolo. Uno dei migranti era già stato evacuato d’emergenza in elicottero venerdì, disidratato e in preda a convulsioni.
È finita definitivamente la luna di miele fra il governo socialista e le ong che cercano di aiutare i migranti naufraghi nel mediterraneo. La gestione del caso del peschereccio è opposta a quella che un Sánchez appena approdato alla Moncloa ebbe verso i dei 630 migranti dell’Aquarius.
Con il suo gesto di umanità. il comandante Durà sta lottando contro quattro governi: quello spagnolo, quello italiano, quello maltese e quello tunisino. Tutti hanno chiuso i porti. Da dieci giorni è alla deriva, aspettando invano di ottenere dal governo spagnolo il permesso di sbarcare in un porto davvero sicuro, quello da dove è partito. Invece Pedro Sánchez, da Buenos Aires dove partecipa al G-20, ieri lo ha minacciato: deve applicare la legge e portarli al più vicino porto, cioè in Libia. Ma Durá non ha accettato: «Mi preoccupa la sicurezza dei migranti, ma anche la nostra». All’imbarcazione rimane combustibile solo per tre giorni di navigazione, e ce ne vogliono quasi cinque per arrivare in acque spagnole.
Venerdì si era avvicinata alla Nuestra Madre la nave di soccorso dell’ong Open Arms, già ancorata nel porto di Tunisi, alle spalle diverse guerre diplomatiche di questo genere, per offrire aiuto medico ai migranti. «Non posso continuare a navigare verso nord e verso sud, verso est e ovest, scappando dal maltempo senza un risposta: non posso senza avere una protezione per queste persone», ha detto via radio Durá.
Nonostante la situazione, il comandante non si pente di quello che ha fatto: «Non posso vivere pensando che una sola persona sia morta in mare per colpa mia – ha detto – però dopo il castigo che ci stanno infliggendo per fare la cosa giusta mi chiedo in che mondo viviamo». I pescatori non avevano previsto di tornare in Spagna prima di Natale: evidentemente l’incidente non solo ha provocato la crisi internazionale di cui sono vittime, ma soprattutto ha impedito loro di portare a termine il loro lavoro. Questo potrebbe mandare all’aria tutta la stagione di pesca, difficilmente ci sarà il tempo di tornare indietro e finire il lavoro.
Il proprietario del peschereccio, Pedro Hernández, di Carbopesca, difende però la decisione di Durà: «Non si tratta di un ultimatum, né di un braccio di ferro – spiega – abbiamo preso questa decisione con tutta umiltà, dopo nove giorni la situazione a bordo è insostenibile ma la Libia non è un’opzione sicura neanche per l’equipaggio».
L’imbarcazione è bloccata da una fortissima mareggiata, con onde alte più di due metri, a cento miglia a nord della Libia e 150 a sud di Malta. Una situazione così critica che il governo libico aveva accettato proprio ieri, attraverso i canali diplomatici, di farsi carico dei migranti. Il colonnello Ayub Qasem, portavoce della Guardia costiera libica, aveva detto che il suo paese accettava «per riconoscenza verso il lavoro della Spagna». Le autorità libiche proponevano di portare i migranti a Khmos, uno dei nuclei del contrabbando di persone in Libia. Ma il Nuestra Madre è già in viaggio verso la Spagna.
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