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Lo spot di Rai 3 è per il Sì

Lo spot di Rai 3 è per il SìUn'immagine dal trailer del nuovo talk show di Rai 3 Politics

Referendum Il lancio del talk che sostituirà Ballarò ironizza sugli anti riforma. Critiche ai trailer di «Politics». La Rai: sono solo i primi. Mostrano un politico schierato con il No a corto di argomenti

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 14 agosto 2016

Il nuovo talk show di Rai 3 voluto dalla direttrice della rete Daria Bignardi per sostituire Ballarò partirà il prossimo 6 settembre. Si chiamerà Politics – sottotitolo «tutto e politica» -, lo condurrà Gianluca Semprini, giornalista in arrivo da Sky, la rete satellitare che secondo l’Agcom è quella che registra un maggiore squilibrio nell’informazione sul referendum costituzionale. In favore del Sì, s’intende. E mentre l’ex conduttore di Ballarò Massimo Giannini – bersaglio nella scorsa stagione delle critiche dei renziani – lascia con polemica («siamo stati rottamati anche noi»), Rai 3 mette in onda i primi spot della nuova trasmissione. «Tutto è politica», ma per andare sul sicuro l’argomento scelto dalla tv pubblica è quello del referendum costituzionale. Il programma deve combattere contro la disaffezione degli ascoltatori per la politica in tv e le sue risse, sarà dunque più asciutto rispetto a Ballarò (durerà la metà del tempo) e la sua cifra dovrebbe essere quella della chiarezza. «A domande precise, risposte precise», ripete il conduttore nei primi spot. Nei quali la parte del politico inconcludente, che gira attorno alle domande e non è in grado di dare una risposta precisa, tanto che alla fine viene portato via di peso dallo studio, è assegnata guarda un po’ a un anonimo esponente del No al referendum. «La riforma costituzionale, comporta dei rischi per la democrazia?», chiede ripetutamente Semprini a un attore le cui fattezze ricordano vagamente quelle di Mastella. E il politico, per tre volte, non sa che dire. Visto lo spot, non si riesce a distinguerlo da un tweet del presidente del Consiglio contro i catastrofisti del No.

Nel semivuoto ferragostano, se n’è accorto per primo il capogruppo dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta, che ha chiesto alla Rai di ritirare subito lo spot. «È gravissimo strumentalizzare addirittura gli spot pubblicitari per fare campagna referendaria a favore di posizioni filo governative – ha detto – denuncerò la cosa in vigilanza». La Rai ha fatto sapere che quello attualmente trasmesso «è solo uno dei diversi spot» programmati. Politics, assicura viale Mazzini, è destinato a essere presentato con spot «multi soggetto e multi tema». E certo non sarà difficile trovare argomenti tra quelli consueti per governo e maggioranza buoni per sferzare il vaniloquio politico. Si potrebbe suggerire qualcosa sull’aumento dell’occupazione, il calo delle tasse, il protagonismo italiano in Europa. Intanto però, sarà un caso, le prime posizioni a essere messe in ridicolo sono quelle del No al referendum, le più avversate in questo momento da Renzi.
Alle precisazioni della Rai, in serata a risposto ancora Brunetta, facendo notare che la nota di viale Mazzini indirettamente conferma che si tratta di uno spot che ha un bersaglio politico ben individuato – gli avversari della riforma costituzionale. «Cosa che non dovrebbe essere in ogni caso – dice il capogruppo forzista – trattandosi di servizio pubblico pagato da tutti i cittadini, sia quelli che voteranno Sì, sia quelli che voteranno No».

Intanto all’interno del Pd prosegue il confronto a distanza tra la minoranza e la dirigenza renziana. Se il bersaniano Roberto Speranza ripete che «per noi un cambio della legge elettorale è decisivo», confermando così l’intenzione della minoranza di invitare a votare No in assenza di modifiche all’Italicum, il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini risponde che l’Italicum non è al momento in discussione. «È una buona legge che unisce governabilità e rappresentanza», sostiene, «quindi non c’è nessuna urgenza di intervenire». Guerini ci tiene a confermare la «disponibilità» dei renziani al «dialogo», ma come in un gioco dell’oca invita i bersaniani a tornare alla casella che presidiavano qualche mese fa. «Se vogliamo parlare di legge elettorale, possiamo partire da quella per il nuovo senato che è ancora da scrivere».

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