Lo specchio riflesso di un amor fou
Venezia 73 «Frantz», il ritorno in concorso di Francois Ozon con un dramma storico ambientato alla fine della prima guerra mondiale. Hannah è rimasta sola, il suo uomo è morto «per la patria» ma l’arrivo di un suo amico, Adrien, ne restituisce la presenza a lei e ai genitori. Il regista francese gioca sui registri del melodramma
Venezia 73 «Frantz», il ritorno in concorso di Francois Ozon con un dramma storico ambientato alla fine della prima guerra mondiale. Hannah è rimasta sola, il suo uomo è morto «per la patria» ma l’arrivo di un suo amico, Adrien, ne restituisce la presenza a lei e ai genitori. Il regista francese gioca sui registri del melodramma
Frantz è stato il grande amore di Hannah, un ragazzo speciale in quella piccola cittadina tedesca, passione per la Francia, i viaggi a Parigi che racconta a lei, bellissima, conosciuta in libreria parlando di poeti, Verlaine lui, Rilke lei, di un mondo lontano, eccitante come la promessa di andarci insieme. Ma la guerra, quel primo conflitto mondiale di morti e ferite dell’animo mai narrate abbastanza, li separa per sempre. Frantz è infatti uno dei migliaia tra i soldati morti «per la patria» uccisi dai padri, come dice il suo, l’anziano medico di paese che lo ha spinto a partire, a arruolarsi, e da allora non si dà pace.
Hannah rimasta sola vive coi genitori del ragazzo, passa le sue giornate al cimitero, sulla sua tomba in cui non c’è nemmeno un corpo, finché un giorno ci trova un uomo, un ragazzo col nome francese, un amico di Frantz e all’improvviso è come se anche lui fosse lì, come se Adrien – così si chiama – ne restituisse la presenza a lei, ai genitori, a quelle stanze, al violino che nessuno ha più accarezzato, al grigio di un mondo appena uscito dal conflitto e pronto a cadere in un altro, a un secolo che ha perduto per sempre i suoi sogni innocenti di futuro. E coi racconti delle loro visite al Louvre, di notti danzanti riempie la vita di chi lo ha perduto, sfidando le aggressioni di una Germania che non si rassegna alla sconfitta e dove cova voglia di rivincita.
Per il suo nuovo lavoro, in concorso, Frantz, François Ozon gioca sui registri del melodramma, una cifra che ricorre nei suoi film, l’amor fou, l’amore impossibile, raggelato nell’ambiguità in cui sospende le storie, i personaggi, le loro relazioni. La pièce a cui si è ispirato Ozon (di Maurice Rostand) era già stata all’origine di un film di Lubitsch, Broken Lullaby (1931) e delle vecchie pellicole Ozon sceglie un bianco e nero che lascia in alcuni passaggi lo spazio al colore, memoria o istante impossibile di felicità poco importa, perché è ciò che rimane fuori dal bordo a interessarlo, lo spazio della narrazione che inventa altri mondi e altre realtà. Era Adrien, questo il nome del giovane francese (Pierre Nimey) forse l’amante di Frantz? Se lo chiede Hannah (la magnifica attrice Paula Beer) e lo pensiamo noi spettatori (viene in mente Odete di Joao Pedro Rodrigues). Non è però il dolore di una perdita che ha spinto Adrien a sfidare l’ostilità tedesca. Lui Frantz non lo conosceva nemmeno, la guerra li ha messi davanti per caso, uno contro l’altro, è rimasto chi ha sparato per primo. Adrien cerca il perdono per questo ha mentito, è entrato nella vita di Frantz.
Sono diversi, il ragazzo francese nobile e il ragazzo tedesco nella sua piccola casetta semplice e ordinata. Eppure è come se divenissero un’unica persona, o forse un’altra ancora chissà nelle invenzioni di Hannah, nei suoi silenzi e nelle lettere scritte poi a Adrien e respinte al mittente. Pure Hannah però mente quando compie il viaggio all’inverso, verso Parigi, cerca i ricordi di Frantz ma soprattutto cerca Adrien. Nello specchio del doppio si compone per entrambi, quel giovane reduce fragile e la ragazza tedesca la visione non di parte del mondo, fuori dalla logica dello schieramento, della patria: davanti agli occhi di Hannah anche la Francia vittoriosa è piena di croci, di feriti, di mutilati come tutta l’Europa. Di sussulti nazionalisti che le attirano le occhiate cattive della gente. Anche Frantz si rivela diverso, in fondo, coi suoi segreti…
Ai due anziani genitori la ragazza però descrive luoghi pieni di vita, Adrien che è tornato a suonare nell’orchestra, loro che vanno in giro per Parigi, forse innamorati, mentre il ragazzo è depresso e sposerà un’altra. Poco importa. Perché Hannah, magnifico personaggio femminile con cui Ozon sembra far coincidere il suo sguardo, come un regista crea altre vite, altri presenti e possibili futuri.
Un orizzonte sfumato tra vero e falso che si allarga nel potere immaginifico della parola, a cui Ozon affida le variazioni del sentimento, l’universo di una donna che in sé racchiude tutto il vero, e nella sua messinscena sa renderlo una variante. Non la sola, ma una tra le infinite possibili.
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