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Lo scontro tra islamisti e Fatah va in scena nel campo profughi di Ain al Hilweh

Lo scontro tra islamisti e Fatah va in scena nel campo profughi di Ain al HilwehSfollati del campo profughi di Ain al-Hilweh a Sidone – Ap

Libano 30 morti e mille sfollati tra agosto e settembre. Così Hamas cerca di spodestare Abu Mazen

Pubblicato circa un anno faEdizione del 22 settembre 2023

In oltre duecento hanno trovato rifugio alla moschea Al Mousalli, a pochi passi da Ain al Hilweh. Anziani, donne e decine di bambini del rione di Hattin del campo profughi palestinese, qualche settimana fa avevano sfidato le raffiche di mitra sparate dagli islamisti e i combattenti di Fatah, per trovare un riparo sicuro e salvarsi la vita. Ora gli intimano di andare via e di tornare a casa nel campo alla periferia di Sidone, nel Libano del sud. Il cessate il fuoco tra le fazioni opposte regge, spiegano le autorità libanesi, e non c’è motivo di restare nella moschea.

«Chi può garantire che la situazione non si aggravi di nuovo? Non voglio rischiare la vita dei miei figli», spiegava un paio di giorni fa Asraa, una madre, a un giornale libanese. Parole di buonsenso. Nessuno può assicurare che la tregua abbia messo fine agli scontri a fuoco tra islamisti e Fatah che hanno fatto, tra agosto e settembre, almeno 30 morti e decine di feriti e provocato lo sfollamento di oltre mille persone. Non rassicura più di tanto che la Forza di sicurezza congiunta palestinese, composta da rappresentanti di diverse fazioni dell’Olp, stia facendo il possibile per mantenere la calma schierando decine di uomini armati nelle aree contese.

LE PREVISIONI SONO NEGATIVE. Perché Ain al Hilweh, con i suoi 50mila profughi è al centro di un tentativo dietro le quinte del movimento islamico Hamas di spodestare Fatah dal campo accelerando il declino del partito guidato dal presidente dell’Olp e dell’Anp Abu Mazen già in atto nei Territori palestinesi occupati. Dietro a Jund al Sham e il neonato al Shabab al Muslim, i due gruppi jihadisti che «ufficialmente» contendono a Fatah il controllo di Ain Al Hilweh, ci sarebbe proprio Hamas, spiega al manifesto una fonte palestinese ben informata. «La mediazione offerta da un importante leader di Hamas (Musa Abu Marzouk, ndr) per fermare gli scontri, indica che il movimento islamico vuole un posto di primo piano nella gestione del campo da sempre controllato da Fatah e usa i jihadisti per destabilizzare gli avversari», sostiene la fonte. Se Fatah non rinuncerà almeno in parte al controllo di Ain al Hilweh, «non saranno consegnati (come prevede l’accordo di tregua) i responsabili dell’assassinio del capo della sicurezza di Fatah, Abou Ashraf al-Armoushi, la miccia che ha innescato i combattimenti».

NON È PASSATO INOSSERVATO il basso profilo mantenuto da Hezbollah che controlla il Libano del sud e ha relazioni strette con i palestinesi. Non pochi credono che il «ridimensionamento» di Fatah, e di Abu Mazen, sia visto con favore dalla leadership di Hezbollah che di recente ha rinsaldato l’alleanza con Hamas per rilanciare il fronte comune contro Israele. Fatah, da parte sua, alza la voce. Uno dei suoi leader, Azzam Al Ahmad avverte che, se non saranno consegnati entro la fine di settembre gli assassini di Al Armoushi, Fatah agirà per «eliminare la minaccia».

Sullo sfondo si intravede un intervento delle forze armate libanesi invocato ogni giorno di più da giornali e da alcuni partiti politici. Si chiede il disarmo dei palestinesi – secondo un vecchio accordo, i campi profughi sono sotto il controllo di sicurezza palestinese – e l’imposizione di una piena «sovranità nazionale» libanese. In sostanza Ain Al Hilweh potrebbe subire la stessa sorte di Nahr al Bared (Tripoli) ridotto in macerie nel 2007 dalle cannonate dell’esercito libanese per «l’incapacità» dell’Olp di cacciare via i qaedisti di Fatah al Islam.

«QUALI FUNZIONI HANNO le armi palestinesi nei campi? Per quanto tempo le autorità libanesi continueranno a sottrarsi al dovere di preservare la sovranità e la sicurezza nazionale?», scriveva giorni fa l’analista Rafiq Khouri. «Che l’esercito si occupi dei campi (palestinesi)» ha esortato.

Per Asraa e i suoi figli sfollati nella moschea Al Mousalli, persino il ritorno alle povere case nel degrado di Ain al Hilweh potrebbe diventare un sogno.

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