L’italiano non va eliminato dalle scuole francesi
Il caso Domani con Macron il presidente Mattarella sostenga le ragioni per studiare la cultura italiana. È il modo migliore per celebrare l’eredità di Leonardo da Vinci
Il caso Domani con Macron il presidente Mattarella sostenga le ragioni per studiare la cultura italiana. È il modo migliore per celebrare l’eredità di Leonardo da Vinci
Il due maggio di cinquecento anni fa Leonardo da Vinci moriva in Francia nel maniero di Clos-Lucé adiacente al castello di Francesco I sulle rive della Loira. Era arrivato nel 1516 dopo aver accolto l’invito del re francese di unirsi alla sua corte per «sognare, pensare e lavorare» liberamente. E l’artista superò le attese stesse di Francesco, declinando sogni e pensieri in tutte le possibili forme della sua intelligenza del mondo, dal progetto urbanistico della città ideale di Romorantin agli apparati scenografici con macchine e automi per le feste di corte, dalla pittura agli studi scientifici di cui recano ampia testimonianza i suoi manoscritti.
Per celebrare questa figura d’eccezione, trait d’union ideale tra Italia e Francia, il Presidente Sergio Mattarella sarà accolto giovedì dal presidente francese Emmanuel Macron ad Amboise. In Francia, tuttavia, si delinea con sempre maggiore chiarezza e urgenza un problema che intacca le basi stesse di questa amicizia e passione reciproche: la progressiva crisi che vive l’insegnamento della lingua italiana in conseguenza della riforma voluta dal Ministro dell’Istruzione francese, Jean-Michel Blanquer.
Le italianiste e gli italianisti francesi e italo-francesi della Sies (Sociéte des Italianistes de l’Enseignement Supérieur) hanno lanciato un appello nel nome di Leonardo per richiamare l’attenzione sull’allarmante riduzione dell’insegnamento della lingua italiana nelle scuole medie e superiori in ragione delle scelte del governo francese. Negli ultimi anni si è assistito alla caduta libera dei posti offerti nei concorsi nazionali per insegnare italiano nelle scuole medie e nelle superiori. Al concorso dell’Agrégation externe, destinato all’assunzione di insegnanti per i licei, si è passati da 10 posti nel 2017 a 8 nel 2018 per arrivare a soli 5 posti nel 2019. Al concorso del Capes (acronimo che corrisponde a «certificato di attitudine al professorato nell’insegnamento di secondo grado») i posti sono scesi da 28 nel 2017 a 19 nel 2018 per finire a soli 16 posti nel 2019. Se guardiamo al 2010 ci si accorge come l’italiano avesse ben altri numeri: 14 posti all’Agrégation externe e 60 al Capes.
Paradossalmente questa drastica diminuzione dei posti a concorso avviene a fronte di una domanda per studio della lingua italiana che non diminuisce nelle scuole secondarie e, in mancanza di un’offerta adeguata alle medie e al liceo, si riverbera nelle università, dove un numero crescente di studenti (talvolta al di là delle capacità di accoglienza) vorrebbe studiare l’italiano partendo da zero (e non tutte le università offrono questa possibilità).
La spiegazione del paradosso riposa nel disegno politico di eliminare progressivamente la possibilità di studiare una terza lingua straniera, la cosiddetta langue vivante 3 (LV3), accanto ad altre due lingue previste (la prima è generalmente l’inglese) nei licei francesi. L’italiano rappresenta globalmente il 40% nell’insegnamento della LV3 e circa 45 mila studenti. Eliminare la terza lingua straniera significa, di fatto, ferire mortalmente lo studio della lingua italiana in Francia. Un po’ come ritirare la Gioconda dal Louvre: un atto insensato e autolesionistico.
Le cifre dell’italiano sono ancora più eloquenti se confrontate con il numero di posti messi a concorso per l’insegnamento della lingua tedesca: 50 posti all’Agrégation externe e 250 al Capes. È chiaro che l’esistenza di accordi franco-tedeschi in materia di politica culturale garantiscono allo studio del tedesco un’ottima salute nella scuola francese, con possibilità di un vero ricambio delle assunzioni e il mantenimento di classi con un numero ridotto di studenti, mentre le classi di italiano sono costrette, per non chiudere, a mantenere un numero alto di effettivi, a detrimento della qualità dell’insegnamento stesso.
Nel loro appello, firmato anche da molte personalità della cultura dei due paesi, le italianiste e gli italianisti della Sies hanno non solo lanciato l’allarme ma indicato anche le soluzioni da prendere: garantire un numero di posti adeguato nei concorsi per permettere il ricambio degli insegnanti, proporre lo studio della lingua italiana in tutte le regioni, contrariamente a quanto avviene oggi, e preservare l’italiano all’interno della riforma Blanquer. Gli accordi del Quirinale esistono e aspettano di essere firmati. Il due maggio è un’occasione propizia per “sognare, pensare e lavorare” affinché questo avvenga, perché le celebrazioni non siano una passerella vuota di senso ma il segno di una rinnovata intesa per sostenere politicamente l’amicizia tra la Francia e l’Italia.
*Università di Nizza Sophia Antipolis – Sies, Sociéte des Italianistes de l’Enseignement Supérieur
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