L’Italia senza un piano, prosegue in difensiva
L’accesa discussione sulla tassonomia, che è arrivata anche all’interno della Commissione Ue, e la posizione contraria della Banca Europea degli Investimenti a finanziare interventi su gas e nucleare contrastano con […]
L’accesa discussione sulla tassonomia, che è arrivata anche all’interno della Commissione Ue, e la posizione contraria della Banca Europea degli Investimenti a finanziare interventi su gas e nucleare contrastano con […]
L’accesa discussione sulla tassonomia, che è arrivata anche all’interno della Commissione Ue, e la posizione contraria della Banca Europea degli Investimenti a finanziare interventi su gas e nucleare contrastano con le proposte italiane volte ad allargare le maglie sui criteri previsti per gli investimenti sulle centrali a metano.
Del resto, al contrario della Germania che si pone obiettivi climatici più sfidanti di quelli previsti dall’Europa per motivare la propria industria a primeggiare nella corsa green, l’Italia ha quasi sempre una posizione difensiva, che rischia di essere perdente.
In effetti, il panorama generale della nostra transizione climatica è quanto mai deludente.
Partiamo dal Piano nazionale integrato energia e clima, il Pniec, varato a gennaio 2020, che prevedeva una riduzione delle emissioni climalteranti del 37% alla fine di questo decennio rispetto al 1990. Come è noto, il Green Deal europeo ha puntato su obiettivi molto più ambiziosi, passando da una riduzione delle emissioni al 2030 del 40% ad un taglio del 55%. Per capire l’accelerazione che sarà necessaria, basti considerare che nel 2019 le emissioni italiane di anidride carbonica erano del 19,2% inferiori rispetto al 1990. È chiaro dunque che sarebbe molto utile un’indicazione su come il governo intenda rivedere il Pniec, anche alla luce del Pnrr.
Perché si tratta di sbloccare molti settori.
Pigliamo l’evoluzione dell’elettricità verde, che ci vede incredibilmente inchiodati sulle stesse percentuali di generazione oscillanti tra il 39% del 2014 e il 37% del 2021. E gli ultimi provvedimenti sul caro energia hanno preso di mira le rinnovabili e non le fossili, proprio quando dovremmo avviarci a moltiplicare per almeno 7 volte la potenza verde installata annualmente. Un pessimo segnale destinato a scoraggiare gli investimenti. Gli stessi impianti fotovoltaici non incentivati sono infatti, incredibilmente, presi di mira dal provvedimento.
Sul fronte dell’efficienza energetica, il Superbonus sta dando dei buoni risultati nel settore dell’edilizia, con 18,3 miliardi ammessi a detrazione a fine gennaio 2022, per il 48% relativi a condomini. Risultati interessanti da questo incentivo anche per quanto riguarda le rinnovabili, con 93.000 impianti fotovoltaici installati. La situazione è invece drammaticamente ferma da anni sul lato industriale a causa del blocco dello strumento di incentivazione dei certificati bianchi, con un nuovo decreto di cui però si è in attesa dei meccanismi attuativi.
Passando alla mobilità, l’attenzione del governo sul lato del sistema industriale della componentistica, che in pochi anni dovrà trasformarsi verso la trazione elettrica, finora è stata minima. Nella legge di bilancio del 2022 è infatti assente una strategia per la transizione del settore automotive e per lo sviluppo di infrastrutture di ricarica private. Gli incentivi, che hanno portato a raddoppiare le vendite di elettriche pure lo scorso anno, non sono stati previsti, anche se è possibile che vengano introdotti in un altro provvedimento dal ministro Giorgetti.
Anche rispetto alla costruzione di una grande fabbrica di batterie a Termoli da parte di Stellantis, annunciata lo scorso luglio, si è ancora in attesa di una decisione. L’amministratore delegato Carlos Tavares ha infatti dichiarato che il negoziato col governo è ancora in corso.
Non possiamo non parlare infine delle posizioni stravaganti del ministro della transizione ecologica: Cingolani, dopo aver messo in discussione le caratteristiche ambientali della mobilità elettrica, ha poi riaperto il dossier nucleare seppellito, oltre che dai risultati di due referendum, dai pessimi risultati delle centrali in costruzione negli Usa e in Europa. Una mossa per distrarre l’opinione pubblica. E questo mentre le rinnovabili dimostrano di essere sempre meno costose, tanto da dominare il mercato, coprendo l’83% della nuova potenza elettrica installata nel mondo. Un segnale chiaro della direzione da prendere anche in Italia insieme ad una seria politica di efficienza. Rinnovabili e riduzione dei consumi: due politiche indispensabili per contrastare la variabilità dei prezzi del gas e ridurre le emissioni dei gas climalteranti.
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