Cruise e droni su Israele, l’attacco dell’Iran è iniziato
«L’Iran ha lanciato decine di droni contro Israele». In una giornata fatta di paura, poco prima delle 22 ora italiana è un giornalista del portale Axios, Barak Ravid, a segnalare che la rappresaglia iraniana è cominciata. E in pochi istanti l’etere mondiale si incendia di supposizioni e di dichiarazioni.
L’aereo personale di Benyamin Netanyahu decolla all’improvviso, lo stesso premier annuncia al paese via tv che «Israele è forte, siamo preparati, risponderemo a ogni minaccia», e manda un portavoce militare davanti alle telecamere per confermare che sì, «molti droni» sono decollati dall’Iran e dall’Iraq (chi dice decine, chi addirittura centinaia). Il presidente americano Joe Biden anticipa di corsa il ritorno a Washington (era a casa nel Delaware) mentre gli Stati uniti confermano a loro volta che i droni hanno decollato, e comincia a girare un video dall’Iraq che registrerebbe il rumore degli apparecchi al loro passaggio.
PER COPRIRE la distanza tra Iran e Israele, i droni ci mettono molte ore, anche fino all’alba di domenica. Della partenza di missili Cruise hanno parlato invece i pasdaran dal loro canale tv . L’attacco contro Israele, la ritorsione promessa dopo il recente bombardamento israeliano al consolato iraniano a Damasco, in cui sono stati uccisi 7 ufficiali iraniani tra cui due generali, è davvero cominciato. Poco prima Israele aveva chiusop le scuole, la Giordania il suo spazio aereo in entrata e in uscita.
Nella tarda mattinata, l’Iran aveva sequestrato una nave mercantile, la MSC Ares, nelle vicinanze dello Stretto di Hormuz, a circa 50 miglia a nord-est di Fujairah. Scendendo sulla plancia della nave da un elicottero, i Guardiani della Rivoluzione hanno preso il controllo della portacontainer MSC Ares, di proprietà del gigante italo-svizzero Msc ma in uso allo Zodiac Group dell’armatore miliardario israeliano Eyal Ofer, con 25 membri a bordo e battente bandiera portoghese. Navi dello Zodiac Group erano già state prese di mira in passato, e dopo i bombardamenti seguiti alla strage di Hamas del 7 ottobre, in numerosi scali del mondo i portuali si erano rifiutati di caricarle e scaricarle. Il ministro degli esteri israeliano Israel Katz ieri ha accusato l’Iran di «pirateria».
PRIMA DI TORNARE precipitosamente a Washington il presidente Joe Biden aveva dichiarato ieri di aspettarsi un attacco dell’Iran contro Israele e aveva ammonito: «Non farlo! Sosterremo Israele. Noi aiuteremo a difendere Israele e l’Iran non ci riuscirà. È una classica violazione del diritto internazionale». Come se bopmbardare un consolatio non lo fosse. Michael Kurilla, comandante militare statunitense in Medio Oriente, arrivato giovedì in Israele ha prolungato il suo viaggio per coordinare le azioni in previsione della ritorsione. Le forze militari americane e israeliane rimangono in stato di massima allerta. Gli Stati Uniti hanno schierato le loro navi da guerra per proteggere sia Israele che le forze americane nella regione.
SU SOLLECITAZIONE americana, numerose cancellerie di paesi come Arabia Saudita, Germania, Italia e Regno Unito avevano invitato l’Iran alla moderazione. Diverse compagnie aeree hanno cancellato i loro voli per Teheran. Francia, India, Russia, Polonia e Regno Unito hanno messo in guardia i propri cittadini dal viaggiare in Israele.
MENTRE il Medio Oriente aspetta con il fiato sospeso, paradossalmente in Iran tutto sembra procedere «come al solito». I media iraniani fino a ieri sera continuavano a trasmettere solo le notizie riportate dai media internazionali e apparentemente non vi è alcun segno di preparazione della popolazione al rischio di un conflitto diretto con Israele. Non è chiaro se ciò sia dovuto al desiderio di non fornire alcun indizio sui propri piani o se l’Iran non intenda compiere un’azione che porti al rischio di un conflitto totale. È certo che il governo iraniano non ha fatto nulla per unire la popolazione intorno ai suoi obiettivi; anzi, oggi ha iniziato un nuovo piano di controllo sull’abbigliamento islamico delle donne che ha suscitato una forte irritazione nella popolazione.
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