Fitto rende ufficiale quel che già tutti si aspettavano. Il polllice di Bruxelles resta piegato all’ingiù. I lavori per il restauro dello stadio Franchi a Firenze e per la costruzione del bosco dello sport a Venezia non potranno essere finanziati con i fondi del Pnrr. «I servizi della Commissione, a seguito di un ulteriore approfondimento istruttorio, hanno confermato la non eleggibilità di entrambi gli interventi nell’ambito dei Piani Urbani Integrati», spiega Fitto chiudendo così la lunghissima partita. Il sindaco di Firenze Nardella l’ha presa malissimo: «La città subisce un danno grave, ingiusto e ingiustificato. Ma non ci arrendiamo minimamente e non fermiamo la gara pubblica già avviata». La reazione del comune di Venezia è anche più inviperita: l’amministrazione manifesta «stupore e contrarietà», definisce la decisione di Bruxelles «più politica che tecnica», si appella al governo perché trovi una soluzione.

Il governo, che certo non è rimasto stupito per una scelta annunciata, si è già dato da fare per trovare quella via d’uscita. La norma inserita nel dl Pnrr dovrebbe permettere di spostare senza traumi i due progetti nel Piano nazionale complementare che fa capo solo all’Italia, dispone di 31 mld e non necessita di semafori verdi. Le obiezioni di Bruxelles sono quelle già comunicate in marzo, spiegando la decisione di congelare per due mesi la terza rata del Recovery: i due progetti, approvati dal governo Draghi nell’aprile 2022, non rispondono ai requisiti necessari ai fini della «riqualificazione urbana».

«Il governo – conclude Fitto – attiverà nei prossimi giorni ogni azione necessaria per assicurare lo sblocco della terza rata». A questo punto però il solo ostacolo potrebbe essere rappresentato dalla durata delle concessioni per i porti, il solo rilievo di Bruxelles al quale Roma non abbia ancora posto riparo e se sarà indispensabile non mancherà di farlo. Il vero elemento incerto e che preoccupa il governo non è questa rata ma la possibilità di realizzare in tempo le opere previste dal Pnrr.

La premier, in una lunga intervista, ha provato ieri a chiudere la questione, almeno nel dibattito se non nella realizzazione delle suddette opere: «Il Pnrr non è un problema ma una grande opportunità che il governo non si lascerà sfuggire, nonostante errori e ritardi che ha ereditato. Stiamo lavorando per rimodulare il Piano e risolvere le criticità, puntando su quei progetti per i quali i finanziamenti possono essere spesi entro la scadenza».

Le parole del ministro Crosetto suonano però assai meno certe e anzi in contraddizione con quelle di Giorgia Meloni: «Il sistema Italia non è in grado di mettere a terra tutti i progetti del Pnrr. Bisogna prendere solo le risorse che siamo in grado di spendere. L’Italia può fare tutto tranne che perdere i soldi». «Così getta la spugna», attacca Conte.

Intorno all’intervista del ministro della Difesa si è snodato ieri un giallo, con sanguinose accuse tra Crosetto e il giornale che aveva pubblicato l’intervista, che in realtà si era svolta pubblicamente e poi uscita in versione accorciata su La Stampa. Ma se a proposito di una presunta frase offensiva su La Russa è probabile che il ministro abbia ragione, sul Pnrr non ci sono dubbi. Del resto Salvini, pur assicurando che il governo non rinuncerà a nulla, sottolinea che «la priorità è spendere tutto ma spenderlo bene».Schermaglie politiche a parte, appare evidente che la certezza sulla capacità di spendere tutti i fondi in realtà proprio non c’è. Ma abbassare il tiro ammettendolo significherebbe prepararsi a non avvicinarsi neppure all’obiettivo.