L’ipotesi di una «Ong parlamentare», sfuma (per ora) l’idea un salvataggio rosso
Fiducia Renzi ha consegnato il dossier ius soli a Gentiloni, che l'ha frettolosamente chiuso. Senza dare il tempo agli ambasciatori di sondare un piano B per il voto
Fiducia Renzi ha consegnato il dossier ius soli a Gentiloni, che l'ha frettolosamente chiuso. Senza dare il tempo agli ambasciatori di sondare un piano B per il voto
Per Matteo Renzi quella dello ius soli è una storia chiusa, di quelle su cui è meglio non tornare su. Mentre ancora la Lega e le destre esultano per la vittoria e promettono barricate per il futuro, l’ultima Enews del segretario Pd parla di tante cose: della conferenza programmatica di ottobre, del suo libro «Avanti» a cui fa l’ennesimo spot. Della «condivisione delle emozioni». Sullo ius soli non una parola, una riga di rammarico, di solidarietà per chi ci aveva creduto.
Anche perché adesso, nonostante la promessa del premier, nessuno crede più che alla ripresa dalle vacanze il dossier sarà riaperto. Anche nel Pd lo scetticismo dilaga. E il malumore per la figuraccia. «Dire ’facciamo qualche modifica e poi lo approviamo’ significa far saltare la legge, rinvio dopo rinvio», ragiona il presidente Matteo Orfini, fra i più esposti sulla necessità di portare a casa il provvedimento, anche con un voto di fiducia.
Del resto la velocità con cui Renzi ha scaricato il fardello a Gentiloni, lo stop al voto di fiducia e la rapidità con cui il premier a sua volta ha rimandato tutto a settembre è l’indizio che il segretario voleva liberarsi della questione diventata scottante – la popolarità del provvedimento è calata nei sondaggi – riversandola nella bad company di Palazzo Chigi perché si accollasse la responsabilità dell’errore.
Eppure dal Pd renziano di Palazzo Madama c’è chi dice riservatamente che forse una possibilità per il voto di fiducia c’era. Tanto più che l’ex ministro Lupi aveva fatto sapere che in casi estremi – cioè la fiducia – Ap sarebbe uscita dall’aula, abbassando così la quota di voti necessari all’approvazione. La possibilità stava giusto per essere sondata: alcuni nel Pd volevano tastare il terreno con Sinistra italiana, forza favorevole al provvedimento, ma collocata all’opposizione; e molto ostile a Renzi. Per sapere se, in caso di necessità, avrebbe considerato l’ipotesi di votare una fiducia tecnica allo ius soli. Un’ipotesi hard che Si avrebbe almeno valutato, per l’opportunità di intestarsi il salvataggio della legge e dei diritti di quasi un milione di ragazzi. Avversari irriducibili di Renzi, ma sensibili alla posta in gioco. «L’Ong parlamentare di un governo alla deriva? Ipotesi non esotica», ammette un alto dirigente di Si. Non una «fiducia tecnica», termine «troppo prima repubblica», ma un soccorso rosso, appunto, da spiegare alla propria base, il salvataggio di una legge «di civiltà» così attesa. Ma Gentiloni ha frettolosamente chiuso la pratica. E l’ipotesi è morta prima di nascere.
Alla riunione di segreteria di ieri pomeriggio, il tema dello ius soli è stato rimandato a oggi per seguire lo sviluppo della situazione. Loredana De Petris, presidente dei senatori di Si, promette battaglia perché «il governo non ha facoltà di rinviare la discussione in aula» e la modifica del calendario d’aula spetta alla conferenza dei capigruppo e al voto del Senato. Quanto all’ipotesi della «Ong parlamentare»: «Nessuno ci ha cercato, nessun contatto», dice, «E quando non è stata autorizzata la fiducia si è capito perché. E alla loro intenzione di affrontare la legge a settembre io proprio non credo».
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