Se non è un nuovo record storico sul piano internazionale poco ci manca: Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, 80enne presidente della Guinea Equatoriale, al potere da 43 anni, ha ottenuto il suo suo sesto mandato con il 99,7% dei voti. Obiang, che è già il leader più longevo del mondo alla guida di una non-monarchia, nelle cinque precedenti tornate elettorali non è mai sceso sotto l’85% dei voti. 

I numeri consegnati al pubblico domenica sera dal Consiglio elettorale nazionale in una conferenza stampa parlano chiaro: su una popolazione di 1,54 milioni di abitanti, gli elettori registrati alle liste elettorali erano solo 427.661. Di queste solo 61.196 hanno effettivamente votato nei 2.972 seggi del Paese: “Il candidato del PDGE (Partito democratico della Guinea Equatoriale), Obiang Nguema Mbasogo, e la sua coalizione, hanno ottenuto 67.012 voti, pari al 99,7%. Andrés Esono Ondo del CPDS (Convergenza per la socialdemocrazia) ha ottenuto 152 voti e Buenaventura Monsuy Asumu del PSSD (Partito della coalizione socialdemocratica) ha ottenuto 32 voti”. 

 

Obiang al voto domenica scorsa in un seggio di Malabo (Ap)

 

In un comunicato stampa diffuso ieri mattina però l’opposizione, nello specifico Andres Esono Ondo del CPDS, ha denunciato brogli, intimidazioni e irregolarità di ogni tipo: molti elettori non avrebbero potuto votare perché si sono visti confiscare la tessera elettorale, altri (di cui i social sono pieni di foto) hanno potuto votare più volte utilizzando tessere elettorali non personali, altri ancora sono stati intimiditi e nonostante si fossero registrati per votare hanno preferito non farlo. In questo contesto, il candidato Buenaventura Monsuy Asumu era un candidato di facciata: ex-braccio destro e consigliere di Obiang, era alla sua terza tornata elettorale come “indipendente”, avendo sempre garantito i suoi servigi al governo di Malabo o al presidente, di cui è ancora oggi uno stretto consigliere. 

Secondo alcune fonti del manifesto 12 soldati, sorpresi dal presidente del seggio nella caserma di Mane Ela a votare per il CPDS, sono stati arrestati. Le mogli dei militari a Malabo e Rebola sarebbero state trasportate in autobus da un seggio elettorale all’altro, votando Obiang più volte. In alcuni seggi il voto è stato pubblico, con molti elettori che secondo un comunicato stampa della CPDS avrebbero scelto di tornarsene a casa per timore di rappresaglie, in altri come a Sampaka il presidente del seggio era un candidato deputato del PDGE. 

Il voto si è svolto inoltre in un clima di tensione fortissima, durata da prima dell’inizio della campagna elettorale: il governo ha infatti chiuso i confini per timore di “interferenze”, molti cittadini stranieri sono stati arrestati, altri espulsi, e in generale il tono mantenuto dal PDGE contro l’opposizione, per tutta la campagna elettorale, è stato diffamatorio, violento e volto a screditare l’avversario. Ondo è stato accusato dal vicepresidente in persona, Nguema Obiang, di aver utilizzato fondi elettorali per acquistare automobili di lusso, il che fa quasi ridere visto che lo stesso vicepresidente Nguema ha un mandato di cattura internazionale spiccato dall’Interpol contro di lui per corruzione e riciclaggio di denaro. Malabo, durante la campagna elettorale, ha accusato di ingerenza i governi di Spagna, Francia e Stati Uniti, ha arrestato decine di oppositori, fatto irruzione nelle sedi della CPDS e diversi attivisti sono semplicemente scomparsi nel nulla. In questo senso è stata una tornata elettorale proprio come tutte le altre precedenti, caratterizzata dalla paura diffusa e dalla propaganda, oltre che da una vittoria talmente schiacciante dal risultare ridicola, in un Paese a vocazione petrolifera, con un reddito pro-capite come la Norvegia ma dove la maggior parte della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. 

La candidatura di Obiang è stata tuttavia inaspettata, frutto della lotta intestina tra i due figli Teodoro e Gabriel, che lottano per la successione. La scelta di mantenere le redini del Paese sarebbe stata fatta proprio per mettere a tacere le voci di una guerra fratricida per il potere, guerra che dura da anni e che non ha risparmiato colpi tra i due, tentativi di omicidio compresi.