Ancora Dante, diranno i lettori più disincantati. Avranno ragione. Non se ne può più di mostre opere scritture celebrative sul poeta della Commedia. Si sa che a furia di commemorare ci si stufa. Ma proviamo ad ascoltare musiche inaudite che per caso abbiano Dante per argomento, mettiamo le Musiche per il Paradiso di Dante a firma Salvatore Sciarrino. Proviamo. Ci si scorda di Dante. Non si pensa a nessun argomento extramusicale.

SI PENSA all’avventura dei suoni. A una scoperta. Sciarrino se non fosse che il pubblico della musica è distratto dai Maneskin sarebbe riverito come Dante, più o meno. C’è in Italia un compositore che sconcerta. Perché non sai cosa dire di fronte al fascino pazzesco che coincide con il pensare attento. Queste Musiche per il Paradiso di Dante che si dividono in tre titoli, Alfabeto oscuro, L’invenzione della trasparenza e Postille, il primo e il terzo brevissimi, il secondo lungo un’ora e cinque, sono musiche definite di scena per soli e orchestra e gli strumenti solisti sono il flauto, il violino e la viola d’amore.
Scritte nel 1993, sono ora pubblicate in cd (Kairos) nella versione fornita dall’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius. Meglio dire subito che Angius si conferma il sapiente, sensibile e intelligentissimo direttore che è. E che l’Orchestra che cura e fa crescere da anni dà qui prova di una perizia e di un acume non certo comuni se si pensa che le sottigliezze di Sciarrino, le infinitesimali ma dirompenti traiettorie sonore della sua scrittura sono un banco di prova assai arduo.

IDEM PER I SOLISTI, che sono Andrea Biagini al flauto, Lorenzo Gentili-Tedeschi al violino, Garth Knox alla viola e alla viola d’amore. Non vien voglia a nessuno di cercare in queste Musiche per il Paradiso di Dante, che so, le sembianze di Beatrice o dell’arcangelo Gabriele. Qui vien solo voglia di ascoltare e restare sconvolti dall’evento. Nell’Invenzione della trasparenza le percussioni fatte con lastre di metallo sono il «continuo» di quasi tutto il pezzo. Nel grave e con moto rotatorio. E su questa base piuttosto scura ma non tenebrosa arrivano episodi orchestrali e solistici sempre in polifonia (a ventaglio, come in un caleidoscopio) costruita con lievi sussurri, fulminee interiezioni di singole note perse in una contemplazione estatica, schiocchi che contraddicono il clima ultra-sereno (sereno fino allo spasimo), piccole nebulose di sibili+dissolvenze, leggeri stridii, «capricci» del flauto. Sì, il paradiso c’è, il paradiso dei suoni e dei sensi, perché bisognerà pur dirlo, visto che non lo si dice spesso, che la musica di Sciarrino è molto sensuale. Nel procedere dell’Invenzione le pause tra un episodio orchestrale-solistico e l’altro, pause di grande importanza espressiva, spariscono e il tutto diventa più classicamente una «sinfonia concertante» dove certi iper-acuti carezzevoli del violino sono dolcemente traumatici. Dal minuto 51 in poi anche il battito delle percussioni finisce, lo schema cambia ma permangono le note singole instabili e i brevi traslucidi glissandi. In Alfabeto oscuro il flauto è in conversazione esitante con decise «frustate» dell’orchestra. Postille è curioso. Curiosamente coloristico con un «insistito» ritmico piuttosto impertinente.