L’impero di Trump sul baratro
Stati uniti Il giudice Engoron commissaria le proprietà dell’ex presidente nello stato di New York. Le minacce per nemici e ex amici si moltiplicano mentre presto il golpista potrebbe tornare al potere
Stati uniti Il giudice Engoron commissaria le proprietà dell’ex presidente nello stato di New York. Le minacce per nemici e ex amici si moltiplicano mentre presto il golpista potrebbe tornare al potere
Un giudice che si chiama Arthur Engoron ha fatto con Trump quello che i giudici italiani avrebbero potuto fare 30 anni fa con il Berlusconi indebitato del 1993 se i politici glielo avessero consentito: ha revocato le licenze e commissariato l’azienda. Il processo di New York in corso in questi giorni è un processo civile ma va al cuore della personalità imprenditoriale e politica di Trump, che ha costruito il suo successo sulla pretesa di essere un genio del business. Invece le indagini hanno ampiamente dimostrato che i suoi miliardi erano stati accumulati ingannando le banche e frodando il fisco e per questo il giudice ha già emesso una sentenza parziale (summary judgment) revocando l’autorizzazione della Trump Organization ad operare nello stato di New York. Le udienze di questi giorni servono solo per stabilire l’entità della multa milionaria che Trump dovrà pagare.
NON SOLO: Engoron ha anche commissariato tutte le proprietà dell’ex presidente nello Stato di NY, vietando a Trump di effettuare movimenti bancari o compravendite senza l’autorizzazione del tribunale. In altre parole, se il verdetto non sarà rovesciato in appello o, tra qualche anno, dalla Corte suprema, Trump è rovinato. Come primo passo, è uscito dalla lista dei 400 uomini più ricchi degli Usa compilata da Forbes, un’umiliazione che sicuramente gli brucia più di qualsiasi sconfitta politica o condanna penale. Con una fortuna stimata a 2,6 miliardi di dollari, quest’anno gli mancano 300 milioni per entrare nella classifica che è stata l’ossessione di tutta la sua vita.
DOPO LA SENTENZA che arriverà nei prossimi giorni le stime della sua ricchezza non potranno che ridursi ulteriormente: non solo Trump dovrà probabilmente pagare 250 milioni di dollari di multa ma, soprattutto, non ha la disponibilità delle sue aziende, che in questo momento sono nelle mani del giudice, il quale nominerà dei commissari. Tra l’altro, dopo la sentenza, il palazzinaro catapultato alla Casa bianca dovrebbe logicamente diventare un paria a Wall Street: chi vorrà fare affari con un condannato per frode che è anche un politico odiato da mezza America? Questa catastrofe giudiziaria spiega le reazioni inconsulte di Trump alle decisioni del giudice: ha definito Engoron un «giudice allo sbando», un «sinistrorso» e se l’è presa anche con la sua cancelliera, di cui ha pubblicato sui social una foto insieme al senatore democratico Chuck Schumer, sostenendo che ne fosse l’amante. I suoi post sulla piattaforma Truth Social sono sempre più lunghi e sconnessi, le sue dichiarazioni sempre più confuse e violente, le sue menzogne sempre più plateali.
TUTTO QUESTO si aggiunge ai tre pesanti processi che lo attendono nei prossimi mesi a Washington, per l’insurrezione del 6 gennaio 2021, ad Atlanta, per aver tentato di manipolare il risultato delle elezioni in Georgia e in Florida, per aver trattenuto documenti segreti dopo la fine del suo mandato, documenti che avrebbe anche mostrato a varie persone, tra cui un miliardario australiano interessato ai sottomarini nucleari della marina americana. Sono in tutto 91 capi di imputazione, più che sufficienti per mandarlo in un carcere federale a vita.
Di fronte a tutto questo Trump ha un’unica arma: la fedeltà di metà dell’elettorato. Una base fedelissima, che ignora del tutto le notizie sulle sue attività criminali, o le considera necessarie per difendersi dai “comunisti” al potere a Washington con Joe Biden. La violenza del linguaggio piace ai suoi sostenitori, che nel paese sono minoritari ma sono anche più entusiasti e determinati degli elettori democratici, scontenti del presidente in carica per l’inflazione, la microcriminalità, l’immigrazione. Oltre al fatto che il 20 novembre Biden compirà 81 anni e ne avrebbe quindi 86 alla fine di un eventuale secondo mandato.
FIN QUI TRUMP ha regolarmente ignorato i consigli dei suoi avvocati: la sua unica tattica è l’appello alla piazza, la denigrazione degli avversari, le minacce nei confronti dei nemici (e anche degli ex amici). La defenestrazione dello Speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy è opera sua. Il rifiuto di partecipare ai dibattiti fra i candidati nelle primarie fa ugualmente parte della sua strategia per arrivare alla nomination verso le presidenziali del 2024, vincere le elezioni e poi demolire i processi in corso usando i suoi poteri presidenziali e una Corte suprema amica. Una vittoria a cui seguirebbero le già annunciate vendette nei confronti dei democratici, dei giornalisti, dei migranti e di chiunque osasse criticarlo.
L’ASPETTO sconcertante di tutto questo è che lo scenario di un golpista al potere a Washington dopo le elezioni del prossimo anno è perfettamente possibile, come nel romanzo di Philip Roth Il complotto contro l’America o in quello di Sinclair Lewis It Can’t Happen Here (1935).
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